3.7.08

epilogo


- Un succo di frutta all'arancia.
- Due. Il mio con ghiaccio. Grazie.
- Anche il mio.

- Che bello il mercato. E' un fenomeno sociale senza tempo.
- Si. E' vero. Però il mercato del sabato è meno autentico.
- Dice? Si... troppi colletti bianchi in mezzo alla frutta stonano.
- Mi firma allora?
- Certo che firmo. Togliermi dalle palle la vostra azienda è la mia pace.
- hehehehe
- Che fa? Ride?
- Non posso parlare. In fondo sono ancora un dipendente.
- Beh, ha un futuro!
- Hehehehe potessi me ne andrei in inghilterra.
- Però... a far cosa?
- Pasta asciutta. Quei coglioni degl'inglesi vanno matti per le cazzate italiane. Vorrei una casa in campagna e un cane e... mia moglie.
- Lo faccia.
- Mia moglie non vuole.
- Provi col cane.
- Ci andrò appena finirò di lavorare. Fino alla morte.
- Le auguro che la morte non giochi d'anticipo. Una fine bucolica è anche il mio sogno.
- Lei è un galantuomo.
- Lo so. E per gli scostumati proporrei la violenza fisica quotidiana. Ho incontrato camorristi molto meno scostumati del direttore.
- Hehehehe
- La scostumatezza è una malattia genetica che si manifesta e degenera in assenza di mazzate.
- Pensavo alla sua lettera di dimissioni e a quella indirizzata al direttore.
- E cosa pensava?
- Che lei dovrebbe scrivere un libro.
- Il succo di frutta è finito. Paga lei? (sorrido)
- Bene... il mio numero ce l'ha. Qualunque cosa le occorra mi chiami.
- Lei ha il mio, per qualunque problema mi chiami. Sono meno pasticcione di lei, e più scientifico, quindi potrà chiamarmi per le cose serie.
- Hehehehehe! Arrivederla signor TaZ.
- Arrivederla signor Paolo.
Quella mattina mi sentii leggero come mai.
Montai sul sellino e, specchiandomi nelle pozze d'acqua della dignità, pedalai fino al fondo dell'anima mia.