10.2.06

Working in Milano

Io sono stato a Milano ed ho capito che cosa significa lavorare.
Ed ho paura.
Paura non di chissacosa, ma di una vita donata a un'azienda che speculerà su di te, per almeno una trentina d'anni. E se non è una sola, saranno trentasei. E tutt'e trentasei pagheranno il tuo lavoro meno di quanto vale perché ci deve sempre uscire qualcosa per loro oltre ad un esiguo capitale liquido da reinvestire in qualcos'altro di tipicamente losco.Ci sarà sempre da massimizzare un profitto nato dal tuo lavoro.
Fatichi ogni giorno per non arrivare a fine mese; per non chiavarti più né guardare più tanto lucidamente tua moglie, accontentandoti di usarla come "deposito di sfoghi estemporanei" tra una produzione quotidiana e l'altra.

Mentre tu fatichi qualcuno ha scelto di fare il politico imbroglione. Che è vero, sì, qualche imbroglio lo fa, ma poi in fondo rispetto a quelli che non hanno mai fatto niente qualcosa lo fa (strade, segnaletica, inversione dei sensi rotatori e circolativi ecc ecc), e allora lo vai pure a votare. Così. Perché t'ispira fiducia. Proprio come il galbanino.

E aspetti ogni giorno che sia il venerdì. E la tua gioia convoglia nell'uscita del sabato. Ma non per comportamento piccolo-medio borghese, per carità, ma per esigenza proletaria ed istintiva del diritto di dimenticare l'odore dello sfruttamento, dei meccanismi e dell'arrivismo capitalistico. E prendi la macchina e metti la benzina, che non fa niente che è aumentata. Non fa niente. Devi andare ed esci. Per sentirti libero. Per lasciarti riaccartocciare dalla tristezza della domenica che si chiude, e che manda a casa "gli attori della vita": i lavoratori produttivi. Che rientrano e si svestono dei costumi vivi dei giorni di festa. Si tolgono i cappelli e le giacchette buone. I veli e le sciarpe da palcoscenico. E si rattristano rosicchiando gli avanzi del mezzogiorno per andare a letto e guardare Giancarlo Magalli.

Vecchi e stanchi, vedremo i “politici di professione” relegare la tua vita in un buco malandato. In una città senza servizi per anziani. Un branco di capebbianche che aspettano di levarsi da davanti al cazzo. Lavoratori in dirittura d'arrivo che non hanno mai avuto il tempo e soldi per una casa.
E moriremo in una vasca da bagno. E ci troveranno dopo 4 mesi, non per niente, perché il padrone di casa ci aveva messo in protesta. E verranno con le bollette in mano, gli avvisi di mora e le carte per lo sfratto a urlare coi calci in faccia alla porta. E ci troveranno col bacino rotto, morti per la fame e la sete nella vasca da bagno dell'IKEA. Quella idromassaggio.
Arrotolati. Come vermi.
Morti giusto una settimana prima della pensione.
Morti con alle spalle si e no qualche ora di permesso e sparuti giorni di malattia.
Morti onesti, in attesa di vivere. In attesa di un giorno migliore.
Morti stanchi di ogni giorno.
Morti mentre in TV suonava il campanello nello studio di Bruno Vespa; ed era ancora Romano Prodi. E Berlusconi. E Cirino Pomicino. E famiglia Craxi.
Ancora loro. Dopo 40 anni.
E tu muori. E mentre muori un po' ridi. E un po' pensi:
Vafancul! Perlomeno m'e' llevo da' nanzo j ppalle!