31.12.07

capodanno 08

Siederò da solo davanti la mia stufa a gas, tirerò giù pasta e patate.

Alle 23.56 metterò su il film spuorco scelto per l'occasione.
Alle 23.58 il mio cazzo sarà semiduro.

Si chiamano "mezze pugnette". Son fatte senza volontà sessuale.Una specie di alternativa alla desolazione. Un mezzuccio sconcio che l'uomo mediocre adopera per darsi una scossa. Un palliativo. Come l'eroina.

Alle 00:00, o giù di lì, lo sperma fuoriscirà da appositi canali convinto di dover assolvere a funzione riproduttiva rimanendo anch'egli deluso.

Gli offrirò le mie mutande come letto ed insieme, ci faremo compagnia rimuginando donne.
Maldicendo il governo, chiuderemo gli occhi dinanzi all'anno che c'investe, alla solitudine che ci rincorre.

- Notte, Sburro mio.
- Notte, Taz.
- Auguri.
- Auguri pur'atté.

29.12.07

TazWebRadio

(clicca per ingrandire l'immagine)
domenica 30 dicembre 07 - ore 17:00
in diretta sulla radio e nella chat scritti nel volantino
2 ore di delirio postnatalizio e pre-niuiear.

Ci saranno letture, dediche, gruppi troppo alternativi e la possibilità di intervenire in diretta in radio!


*Dettagli Tecnici*

> Radio: scrivete http:://81100.eu.org:7000
- nel browser
- oppure nel media player
- oppure in vlc
- oppure in amarok

>Chat:
- Tipo: IRC
- Client di chat: kVirc (linux) oppure Mirc (windows)
- Server: irc.azzurra.org
- Canale: #81100

24.12.07

24.12.2007

Spasmodico senso di solitudine
palline e fiocchetti
rosso dominante
frittura onnipresente
sorriso imbarazzante

dov'è?
dov'è la mia felicità?

20.12.07

Tutto quanto volevo era pedalare

Quella sera l'autunno inoltrato sfiorava l'inverno, il freddo tagliava il passo a me che impavido mi ficcavo nel groviglietto chilometrico di strade che mi separavano dalla destinazione. Mi ero cacato il cazzo di camminare a piedi.

Le poste centrali erano enormi: l'unico luogo della città dove le bici (quelle di ferro con i freni rocchenroll) erano prive di catenacci a proteggerle da potenziali malinquenti.

Il cattivo ero io stavolta, e la bici mi chiamava nel gelo cadente.
Ed io risposi. Cazzo.
Non dovevo forse?

La gente usciva dalle poste, altri entravano.

L'afferrai per le corna come a domare un toro. Tra l'andirivieni di borghese gentaccia uno aumentava il passo proprio mentre io sfilavo la ruota anteriore dalle forche.

Muovo i miei passi.
Lui anche.
- È sua, cristo.
Correvo con le corna sottobraccio. Uno, due... quatto passi ed eroin groppa.
Accelerarla: quale insormontabile difficoltà.

In tre falcate mi stava quasi alle calcagna.
- Cazzo cazzo!
Premo sui pedali.
- (Mi prenderà...)
- Dove cazzo corri? Pezzo di merda!!
Sgomitolo. Raccabattolo.
- La bici!
Affannava).
- La mia bici cristo!
Bofonchiava con la sciarpa tirata indietro dal vento.
Un moccolo gli pendeva dal naso. Sulla barba incolta il fiatone gelato ristagnava

Scavalcavo la bici per velocizzare l'abbandono del mezzo del reato prima che potesse fottermi. Tenendomi in equilibrio sulle corna e sul solo piede sinistro proseguivo ancora qualche metro.
- Figlio di puttana!
La parete di rete si apriva a fare spazio al cancello che dava sul parco pubblico. Saltato dalla bici e la scaraventavo nel parco.

Accelerava.
Io pure.
Forsennato in corsa, ridevo a crepapelle.

Nel mentre la bici imboccava solitaria ed autonoma la viuzza del parco, l'uomo l'inseguiva con un'inversione a 90 gradi a destra. Mi aveva mollato il tipo.

La bici girava a spirale in senso orario tra le urla del maledetto che allungava già le mani, e facendo per inginocchiarsi sulla dinamo a pochi metri oltre l'ingresso istigò nell'uomo un urlo:
- Uomo di merdaAaAaAaAaaAA!
Afferrava finalmente la bici. Soddisfatto ne valutava eventuali escoriazioni.

Continuavo a correre fino a pogiarmi all'angolo del binario 4 della stazione.
Le risate riecheggiavano impastate al fiatone ed attaccate alle natiche della disperazione.
Il sorriso si riappropriava delle sue labbra.
La luna si dileguava nella nebbia.
La città preparava la cena.

Il desiderio di possesso è più forte della sete di giustizia.

19.12.07

Mare

agglomerato indefinito
di elementarità complessamente intessute
allo sguardo che t'offro
restituisci infinito
...e squasci d'onde.

2.12.07

"Spe Salvi"

La nuova Enciclica Papale (che non è la bicicletta del papa), la trovate quì:

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20071130_spe-salvi_it.html

Col suo balordo carico di cose inutili.
Benedetto XVI (il Pastore Tedesco - il Rotwailer di dio), ancora una volta trae tutto il suo vigore dalle vergognose lettere di San Paolo Apostolo e da altre cose orribili scritte dal medesimo. D'altronde, da dove può esser tratta goliardia religiosa se non dagli scritti di sua maestà il Padrino S. Paolo?

Il testo mette la Santa Romana Chiesa sui binari del 1500, sull'intolleranza verso gli infedeli, sul rifiuto della scienza e delle conquiste dell'illuminismo. Lascia passare un blando messaggio che accetta la schiavitù come forma possibile di esistenza (la quale può essere sopportabile solo grazie a Dio) e, sottolineo, non è una schiavitù (quella citata) allegorica ma PROPRIA in quanto tira in esempio una "beata" deportata africana.

Di tutta l'enpasse sublime e subliminale ne estrapolo 2 pezzi (il resto la leggete cliccando al link sopra detto):


Il Divino veniva visto in vari modi nelle forze cosmiche, ma un Dio che si potesse pregare non esisteva. Paolo illustra la problematica essenziale della religione di allora in modo assolutamente appropriato, quando contrappone alla vita « secondo Cristo » una vita sotto la signoria degli « elementi del cosmo » (Col 2,8). In questa prospettiva un testo di san Gregorio Nazianzeno può essere illuminante. Egli dice che nel momento in cui i magi guidati dalla stella adorarono il nuovo re Cristo, giunse la fine dell'astrologia, perché ormai le stelle girano secondo l'orbita determinata da Cristo [2]. Di fatto, in questa scena è capovolta la concezione del mondo di allora che, in modo diverso, è nuovamente in auge anche oggi. Non sono gli elementi del cosmo, le leggi della materia che in definitiva governano il mondo e l'uomo, ma un Dio personale governa le stelle, cioè l'universo; non le leggi della materia e dell'evoluzione sono l'ultima istanza, ma ragione, volontà, amore – una Persona. E se conosciamo questa Persona e Lei conosce noi, allora veramente l'inesorabile potere degli elementi materiali non è più l'ultima istanza; allora non siamo schiavi dell'universo e delle sue leggi, allora siamo liberi. Una tale consapevolezza ha determinato nell'antichità gli spiriti schietti in ricerca. Il cielo non è vuoto. La vita non è un semplice prodotto delle leggi e della casualità della materia, ma in tutto e contemporaneamente al di sopra di tutto c'è una volontà personale, c'è uno Spirito che in Gesù si è rivelato come Amore [3].


In questo pezzo c'è un rifiuto della scienza, della matematica, della fisica e di ogni forma di legge naturale e la creazione di un "modello teogiustificatore" che "guida" gli eventi. Vale a dire "lodiamo Dio se domattina una biglia cade verso la terra. È lui che l'ha voluto. E che l'esperimento si riverifichi è una pura rimanifestazione dell'ennesima volontà e non l'obbedienza del fenomeno a provata legge naturale". Stesso discorso per le stelle e, soprattutto, per il pesce.
Ovviamente, scaltramente, lo sciamano di Roma rimanda quì a parole grosse come "AMORE" che fanno paura all'uomo mediocre e perciò timorato.


La figura di Cristo viene interpretata sugli antichi sarcofaghi soprattutto mediante due immagini: quella del filosofo e quella del pastore. Per filosofia allora, in genere, non si intendeva una difficile disciplina accademica, come essa si presenta oggi. Il filosofo era piuttosto colui che sapeva insegnare l'arte essenziale: l'arte di essere uomo in modo retto – l'arte di vivere e di morire. Certamente gli uomini già da tempo si erano resi conto che gran parte di coloro che andavano in giro come filosofi, come maestri di vita, erano soltanto dei ciarlatani che con le loro parole si procuravano denaro, mentre sulla vera vita non avevano niente da dire. Tanto più si cercava il vero filosofo che sapesse veramente indicare la via della vita.


Qui il rimando è chiaramente mirato contro coloro che, con tesi del tutto rispettabili, presentano nel mondo di oggi i valori della laicità o prendono le distanze dalla teologia. Ancora una volta la chiesa si schiera e... la politica risponde (leggasi PD e Popolo delle Libertà).


Leggere l'ultima "primizia vaticana" fa bene. Molto bene.

Io intanto resto qui, a pensare come sia possibile definire "indimostrata e infondata" una qualunque legge fisica dimostrabile e, allo stesso tempo, definire "dimostrata" una teoria teologica fondata su una successione di illogiche proposizioni logiche nascenti da indimostrati (ed indimostrabili) assiomi.

Scusate la pesantezza. Oggi, ho mangiato peperoni.

C: Parola di Taz.
A: Rendiamo grazie a Taz.

7.11.07

Sciao Enzo

Ieri mattina è morto Enzo Biagi.
Solo Andreotti, Cossiga, Baudo e Bongiorno non sono ancora morti.

Al SIGNOR Enzo invidiamo le meraviglie anarchiche dell'aldilà.
Il suo passato si può leggerlo cliccando sul titolo di questo post.
Da una trentina d'ore, e per molto ancora, il giornalismo sarà decisamente più indecente.

30.10.07

autoriflessione n.1

Io non credo nei rapporti. Nelle case e nei mutui, nelle famiglie, nei matrimoni e, soprattutto, non credo negli animali domestici.

24.10.07

Il lavoro al Sud nelle PA

- Quand'è pronto il contratto?
- Quale contratto.
- Quello di ottobre-marzo. Quello per cui vengo a lavoro da 1 mese, cazzo.
- Lavoro? Un mese? Ma se è la prima volta che ti vedo chi sei?
- Eleonora non dir cazzate.
- Taz sai, io sono solo il braccio. Io sono sincera. Io ti voglio bene. Ti stimo molto e nel futuro, se penserò qualcosa di poetico penserò a te...
- ...
- ...
- ...
- ...e se ci sarà un tramonto bellissimo penserò a te.
- ...
- Ma i soldi non ci sono. Io ce l'ho messa tutta. Mi sono fatta stuprare per questa causa, ma la mia giacca di visone non l'ho comprata coi soldi del progetto.
- ...
- ...si occhei, è vero. L'ho comprata coi soldi del progetto, ma sono quelli vecchi... credimi. Io ti amo. E se potessi mi leverei il cibo dalla bocca per te.
- ...
- ...
- Mannaggiaddio.
- ...

19.10.07

Capitolazione


Dopo una notte di pioggia, all'alba, il cielo era livido.

L'aria tagliente preannunciava l'inverno.

Le gocce semiasciutte sparse tra i granelli li rendevano più consistenti. Il sabbione misto ai rovi di quella spiaggia intatta offrivano resistenza al piede nudo che non cedeva. Non affondava. Deciso incontrava la spuma, le conchiglie_case_morte di molluschi crepati a settembre.
Sassolini, sassolini. Ancora sassolini.
Milioni di sassolini per Francesca.
Chili, quintali. Cave di sassolini e conchiglie.

Sul far della battigia ovunque erano tracce di gabbiani. Zampate di gabbiani. Talloni di gabbiani. Piume di gabbiani. Cacche di gabbiani.

I millemila Jonathan Livingston non volteggiavano: planavano, su quelle spiagge sopra le nostre teste. Di fianco alla scala enorme, di legno aspro, che per gradini portava al paradiso lembito d'acqua salata.

Lo ricordo il suo maglione, era di quel bianco ingiallito di fintapecora, con una cirniera che le tagliava il petto dalla gola al pube passandole tra i capezzoli duri. Il collo schiacciato con in rilievo disegnate tante linee parallele ed oblique.

Sfilati via, i ginz lasciarono la sua pelle secchissima assolarsi ai raggi d'ottobre. Le sue culotte di velo ed organza, di un lilla tenue, scoprivano i pochi peli della sua vagina che ritrovai d'improvviso assalire il mio bassoventre.
Non avrei creduto di fare l'amore lì, sui gradini di legno della scala del silenzioso paradiso.
Non avrei creduto di cedere ai suoi morsi sul mio mento, allo scroscio dell'acqua ed al vento teso delle ali gialle di volatili autunnali.
Non avrei creduto di penetrare quel singhiozzo unto di addio. Non avrei osato proiettare pensieri sui miei arti che avvolgevano quell'anima di cristallo.

Il mio corpo era in balia delle sue mani che, cavalloni, s'infrangevano sul mio corpo.
Le mie orecchie stordite dai gemiti suoi urla di cornacchie a valo raso.
Il mio profumo in balia del suo.
Il mio cazzo in balia della sua bocca.

Si alzò d'improvviso la creatura. Si dileguarono le vesti seu. La brina venne su dagli arbusti e le farfalle ne intrecciarono la poesia in un abito lungo. I corvi lo colorarono di rosso posandole al capo una corona di castagno.

Camminò sulle punte lungo la legnosa passerella, il braccio sinistro semichiuso a stringere fiori eterei.

Cadde nelle mie braccia e invitammo i gabbiani al banchetto della nostra congiunzione.
Non avrei mai creduto di piangere d'amore.

Resta cu' mme
pe' carità
statte cu' mme
nun me lassà.

Famme penà,
Famme 'mpazzi'
Famme dannà,
ma dimme sì.

Moro pe' tte',
vive pe' tte.

Vita da' vita mia
nun 'me 'mporta do' passato
nun 'me 'mporta e chi t'ha avuto
resta cu' mme'...
cu 'mme.
..
famme penà
famme 'mpazzi'
stattè cu' mme
nun me lassà ...
resta cu' mme....
nun me lassà
..
vita 'dda vita mia
nun 'me 'mporta do passato
nun 'me 'mporta e chi t'ha avuto
resta cu'... mme...
cu... 'mme

D. Modugno - Resta cu me'.

15.10.07

La Svizzera dei Clan

Un paesino del casertano ha ospitato il gotha dei latitanti di Cosa Nostra.
Pignataro è un posto idilliaco, in cui ognuno però sta ben attento a fare
gli affari suoi: sennò finisce male

di Roberto Saviano

_____

PIGNATARO MAGGIORE (Caserta).

È passato di qui. Bernardo Provenzano il capo dei capi di Cosa Nostra, è passato a Pignataro Maggiore piccolo paese di circa 7000 abitanti del casertano. La notizia rimbalza tra le persone, sui banconi dei bar, tra le signore sedute sulle panchine della piazza, ne parlano i pensionati, i
ragazzi seduti sui gradoni della chiesa, un’indiscrezione che si espande silenziosa come un pettegolezzo o come confessione di un’impronunziabile verità. Ricercato da quarant’anni, Binnu u trattore o Binnu u ragioniere, come pare oggi lo chiamino, sarebbe l’ennesimo boss dei corleonesi ad aver prescelto Pignataro Maggiore come luogo sicuro per la latitanza fuori dalla Sicilia, prima di lui vi hanno soggiornato Luciano Liggio negli anni Sessanta, Michele Greco negli anni Ottanta e Totò Riina negli anni Novanta.
Pignataro Maggiore paese dell’agro-caleno sembrerebbe un piccolo e innocuo
centro, identico a tanti che sono possibili incontrare in Campania. La sua storia invece è inquietante.

Conosciuto anche come la «Svizzera dei clan», Pignataro Maggiore è territorio da sempre egemonizzato dal clan Lubrano, imparentato ai potentissimi Nuvoletta di Marano di Napoli, affiliati campani dei corleonesi (Raffaele Lubrano figlio del boss di Pignataro ha sposato Rosa Nuvoletta).
Lubrano e Nuvoletta sono famiglie legate a Cosa Nostra, agiscono quindi con una logica differente dalle famiglie camorriste e sono sottoposte direttamente alla cupola mafiosa. Pignataro Maggiore è l’unico territorio nel casertano gestito direttamente da Cosa Nostra, eppure di questa «colonia» mafiosa nel territorio campano non si parla; pochi, pochissimi, sono coloro che si espongono, scrivono, denunciano. Uno di loro è il giornalista Vincenzo Palmesano. Lo incontro a casa sua, a Pignataro.
Palmesano, intellettuale da sempre impegnato nella lotta alla mafia di Pignataro Maggiore, ex direttore del quotidiano Roma, militante di Alleanza nazionale, ebbe il coraggio al congresso di Fiuggi di chiedere al suo partito di rinnegare l’antisemitismo e di considerarlo una colpa della
destra italiana. Dopo questa presa di posizione, ha subito un duro isolamento politico all’interno di An. Chiedo a Palmesano se la presenza di Provenzano è soltanto una leggenda: «Non è affatto leggenda, è cosa assai probabile che il capo di Cosa Nostra sia passato da queste parti e usi
Pignataro Maggiore come una delle basi della sua latitanza. D’altronde lo stesso hanno fatto i suoi predecessori. Tutti i boss corleonesi hanno abitato questo paese durante la latitanza e non solo».

Risulta difficile immaginare che i potentissimi boss di Cosa Nostra che avevano la possibilità di raggiungere i luoghi più impensabili, abbiano scelto per la latitanza questo minuscolo paesino circondato dalle campagne, tra Capua e Teano. Il rapporto tra Corleone e Pignataro ha però origini remote. Luciano Liggio il patriarca, l’artefice della presa del potere assoluto in Sicilia del clan di Corleone, trascorse lunghi anni della sua latitanza a Pignataro Maggiore. Il suo tempo lo trascorreva in una grande villa in campagna non disdegnando però passeggiate serali nella piazza del paese, si concedeva delle discussioni con le persone del posto ed anche qualche partita a carte. Liggio, ha lasciato nel paesino un ottimo ricordo…
così lo descrive Nunzio, contadino di 77 anni: «Era una persona squisita, gentile. Io ho parlato con lui parecchie volte, di ciclismo e di calcio. Mi offriva da bere. Qui tutti lo conoscevano. Capimmo che era Liggio quando lo arrestarono a Milano e lo vedemmo in televisione. Era spesso triste quando passeggiava per le sue terre, come se gli mancasse qualcosa. Mi è dispiaciuto molto quando è morto». Una sensazione simile l’ha avuta con un altro boss, anche la signora Teresa, 60 anni ex lavandaia che racconta: «Quando vidi Riina alla televisione con le manette, mi sembrava di averlo già visto da qualche parte. Dopo alcuni giorni mi sono ricordata che l’avevo visto proprio qui a Pignataro, avevo lavato e stirato le sue camicie, molte volte. Non sorrideva mai, era cortese ma sempre serio, anzi triste, come se avesse passato un guaio! Si vedeva poco in giro». Riina a Pignataro Maggiore era effettivamente di casa. Partecipò da latitante al matrimonio di Gaetano Lubrano (fratello del boss Vincenzo) e vi giunse in pompa magna assieme ad altri mafiosi, che pare esser stati Pippo Calò, Leoluca Bagarella e proprio Bernardo Provenzano, venuti a omaggiare una delle più fedeli famiglie di Cosa Nostra, i Lubrano appunto. Il pentito Francesco Abbate di Pignataro Maggiore ha raccontato che in quell’occasione fu proprio lui a mettere in salvo da alcune pattuglie dei carabinieri Totò Riina, portandolo tempestivamente in una villa di campagna.

L’ELEGANTE GRECO. Di Michele Greco, detto «il Papa», si hanno in paese ricordi sfocati, Nunzio dice che «soprattutto le donne di Pignataro si ricorderanno di Greco, snello, elegantissimo, sempre con i capelli imbrillantinati, nu’ bell’omm!». Il colono che curava le terre della villa dov’era ospitato Michele Greco organizzò il banchetto per la comunione del figlio a spese del boss. Non si sono mai riscontrate manifestazioni di ribellione contro il potere dei clan, mai un pignatarese si è insospettito per l’accento siciliano di uno strano ospite. Palmesano accenna un sorriso: «Qui la paura è tanta, i mafiosi non ti permettono di chiedere scusa. Se
sgarri sparano e basta. Non è solo la paura però che fa tacere le persone di questo paese. Cosa Nostra qui gestisce l’economia, i posti di lavoro, da loro dipende la vita degli individui. I Lubrano attraverso l’impresa edilizia CO.GE (Costruzioni Generali) di proprietà di Raffaele Lubrano e sua
moglie Rosa Nuvoletta, sono penetrati in tutte le aziende della zona, dove gestiscono centinaia di posti di lavoro. Questo significa avere consenso e disporre anche di voti».

Quando Raffaele Lubrano fu ucciso nel 2002, proprio a Pignataro per motivi ancora sconosciuti, i suoi funerali furono una fiumana di persone, tutte riconoscenti della magnanimità e del potere del boss. Nel posto esatto dove Lubrano è stato ucciso, vi sono fiori freschi ogni mattina. Il consenso al clan è esponenziale. Pignataro Maggiore risulta essere una base militare operativa per gli omicidi decisi da Cosa Nostra sul continente. Nel summit mafioso organizzato dai Nuvoletta a Marano di Napoli, che ha decretato la morte il 23 settembre 1985 del giornalista de Il Mattino Giancarlo Siani, partecipò il boss pignatarese Gaetano Lubrano, dando, secondo un pentito, il suo parere positivo all’assassinio. Altro omicidio eccellente in cui sono stati coinvolti i pignataresi è quello del sindacalista Francesco Imposimato ucciso a Maddaloni l’11 ottobre 1983, fratello del giudice Ferdinando Imposimato. Francesco Imposimato fu ucciso per una vendetta trasversale contro il fratello magistrato che stava indagando a Roma su Cosa Nostra. Per l’omicidio Imposimato sono stati condannati all’ergastolo in via definitiva Pippo Calò, cassiere di Cosa Nostra a Roma e capo della famiglia mafiosa di Porta Nova a Palermo, Antonio Abbate, boss di Pignataro Maggiore; Vincenzo Lubrano, il boss di Pignataro Maggiore è stato condannato all’ergastolo in I grado, assolto in appello e la Cassazione ha annullato la sentenza d’assoluzione e ha disposto un nuovo processo d’appello iniziato lo scorso 24 settembre a Napoli. Quando don Vincenzo Lubrano è stato assolto in appello, nel processo Imposimato, ha organizzato un pellegrinaggio con due pullman a San Giovanni Rotondo per ringraziare Padre Pio, artefice, secondo lui, dell’assoluzione. «I pignataresi», ricorda il giornalista, «hanno partecipato numerosi alla sacra gita anche perché tutto era spesato da don Vincenzo». Il defunto figlio di don Vincenzo Lubrano, Lello, religiosamente fece restaurare a sue spese, nella sala Moscati attigua alla chiesa madre di Pignataro, un affresco raffigurante una Madonna. È detta la «Madonna della camorra», visto che vulgata vuole sia la Madonna a cui tutti i boss passati di qui si sono appellati per poter ricevere in grazia una latitanza serena. Non è difficile immaginarsi Totò Riina, Michele Greco o Bernardo Provenzano chini sugli scranni dinanzi all’affresco della Madonna, implorare penitenti
d’esser illuminati nelle loro azioni e protetti nelle loro fughe.

Quando si passeggia per Pignataro Maggiore si avverte una sensazione
ambigua; da una parte la serenità del piccolo paese, composto da lunghe file di villette, piccoli giardini recintati, poco traffico, giornate trascorse dinanzi alla chiesa o al bar, frutteti sterminati e biondissimi campi, dall’altra parte si notano gli occhi puntati con sospetto sui «forestieri», i gesti attenti di chi ossequia con ostentazione la moglie del boss oppure ci s’imbatte nell’inaspettato cubo di cemento armato dell’azienda chimica costruita su terre di Cosa Nostra. Pignataro è un posto strategico per la gestione della latitanza, visto che si trova in una piana da dove è possibile dominare le strade d’accesso ed in caso di pericolo, fuggire nei casali più sperduti delle campagne o addirittura scappare per il budello di paesini limitrofi, un vero e proprio labirinto. Se poi si aggiunge che sino a qualche anno fa non esisteva neanche un presidio di polizia, il mistero di Pignataro come capitale della latitanza per Cosa Nostra è svelato. Il paesino è circondato da latifondi, da immense proprietà terriere dove si ergono quasi come sentinelle, le ville dei boss.

TORRETTA DI GUARDIA. Le ville che ospitarono (e ospitano?) i corleonesi e quelle che continuano ad ospitare gli uomini del clan Lubrano si trovano in aperta campagna, per raggiungerle bisogna percorrere piccoli sentieri appena asfaltati. Sono più propriamente bunker, recintate da mura di cemento armato, con alti alberi che occultano le facciate, non esistono finestre che danno sull’esterno, hanno vetri oscurati, telecamere ovunque. Pur essendo molto grandi, con campetti di calcio e piscine, all’esterno risultano compatte, raccolte, simili a presidi militari, strutturate a guscio d’uovo.

Con Palmesano, mi avvicino alla villa di Vincenzo Lubrano. Cancelli, telecamere, muri di cemento armato, un edificio centrale che svetta come una torretta di guardia. In questa villa ci sono stati summit di Cosa Nostra, per il sentiero che sto percorrendo è passato il gotha della storia mafiosa.
Luciano Liggio, Michele Greco, Saro Riccobono, Pippo Calò, Totò Riina, Leoluca Bagarella, sono soltanto alcuni dei nomi accertati che sono transitati per questa villa. Mentre procediamo, notiamo un’Alfa 145 rossa che ci segue. Non ci molla un attimo, quasi ci tampona, «è normale»,
rassicura Palmesano,«qui tengono sotto controllo tutto». Le terre che attraversiamo, i fienili, le aziende ortofrutticole, tutto è di proprietà dei Lubrano-Nuvoletta. Qui ci sono delle proprietà appartenute a Luciano Liggio tra cui 100 moggi di terreno confiscati dalla magistratura ad Angelo Nuvoletta. L’abitazione bunker di Raffaele Ligato, nome storico della mafia pignatarese, imputato per l’omicidio Imposimato è stata sequestrata dalla magistratura, ma Ligato ha continuato a viverci in tutta tranquillità sino a pochi giorni fa. Mentre decine di agenti della polizia con difficoltà sgombravano la villa-bunker tra imprecazioni e urla delle donne del clan, Ligato si è rivolto con fare sbalordito al sindaco Giorgio Magliocca (An) lì presente: «Ma come dopo tutti i voti che ti ho fatto avere, mi fai togliere la casa?». Qui né destra né sinistra né centro sembrano aver avuto la forza di combattere le cosche. C’è una sottovalutazione totale del caso Pignataro Maggiore, perché Cosa Nostra e i clan locali hanno organizzato un sistema di potere sotterraneo che non genera fatti di sangue, rapine, scontri. Questa terra è appunto la Svizzera dei clan, tutto scorre in maniera serena, pacifica. Lo stesso padrino don Vincenzo ha dichiarato che a Pignataro la camorra non esiste, ma ci sono solo extracomunitari che rubano motorini.
Procedendo, ci fermiamo nella piazzetta, qui Palmesano è riuscito a ottenere che si piantasse un albero in memoria di Paolo Borsellino affiancato da una targa in marmo con il nome del magistrato. Una mano anonima pensò bene di imbrattare la targa con la scritta e «W la camorra», e poi di fracassare la targa, posta proprio davanti al Comune. La targa oggi è tornata al suo posto. Ma è una guerra continua: «Ho dovuto scontrarmi con devote persone
che volevano sradicare l’albero per far posto a una statua di Padre Pio. Al che ho fatto presente che la piazza di Pignataro era abbastanza ampia da ospitare le due cose assieme».

12.10.07

L'album di Famiglia

Divina iniziativa de il manifesto:
L'album di famiglia

Un album di figurine che ripercorre tutte la storia del comunismo dalla prima internazionale ad oggi a soli € 3,90.
Le bustine costano € 0,90 e le puoi scambiare con gli sporchi comunistelli del quartiere, giocarle a rubbamazzetto o al famoso giochino del "ppà!"

E nel mio 5° pacchetto ci è uscito Tonino Gramsci!
Ficotronico.

10.10.07

Palle fritte

Mio padre è sempre più stanco
e provato
e guadagna sempre meno.
Anzi no.
Guadagna sempre uguale
ma il mondo vale di più.

Se non ci fosse il secondo cavallo.
Se non ci fosse il terzo cavallo.
Se non ci fossero il settimo e l'ultimo.
Chi cazzo sarebbe il primo cavallo?

Un coglione
e fruscii di applausi.

Compleanno di Mirko

Taz: Oggi sono 4 mesi che non mi pagano. Fottuti soldi. Il credito skype!

Lo faccio o non lo faccio? Gliela canto la canzoncina o la lascio stare? Dove cazzo lo vendono il sorriso per cantare canzoncine di compleanno. Cristo, sono sempre più solo.
Gliela canto.

Mirko (con la bocca piena): Brondo?
T: Tanti auguri a te ....
M: mmm....

T (meno felice): ...Tanti auguri a te ....
M: ....
T (sempre meno felice): ...tanti auguri a MI R KO...
M: ...ma chi cazz sì?
T (decisamente triste): .... auguri. Auguri o' cazz.
M: Taz! Grazie. Mia mamma mi dice che la devi smettere di scrivere sui muri.
T: ...
M: Cos'hai imbrattato?
T: Mirko auguri.
M: Che cos'hai fatto con lo spray.

si sente dietro la madre che gesticola.

T: Mirko, ho disegnato su un muro un cazzo enorme, e sotto ci ho scritto "pescio". Ho trent'anni.
M: Allora va bene. Io sono quì fino a dopodomani se ci vogliamo vedere allimite...
T: Mirko auguri.
M: Grazie. Se ci vogliamo vedere... non so (imbarazzato avanza frasi di circostanza)...
T: Ci vedremo quando vorremo.
M: Va bene. Notte...
T: termina chiamata.
Skype: 3 euro.
T: Che schifo.


4.10.07

Italia

Il potere esecutivo è inutile.
Il potere legislativo non legifera in favore dei cittadini.
Il potere di controllo degli organi competenti è fallace.

L'unica ancora di salvezza i cittadini la mettono nelle mani di una magistratura che, si spera, distrugga la politica becera.
Ma la magistratura italiana è sempre più controllata.
La nazione è al collasso sociale, giuridico, legislativo, esecutivo, culturale, scolastico e soprattutto LAVORATIVO.
Non c'è futuro per nessuno.
E ricordo la scena finale de "Il Caimano" di Nanni Moretti.

3.10.07

Università Italiana

Taz: Si?
Stronzo: Taz, venga nel mio studio. Subito.

Taz: Buongiorno.
Stronzo: Quale buongiorno?

(Taz guarda fuori dalla finestra)

Stronzo
: Hai stampato tu l'orario delle lezioni del laboratorio di teledidattica?
Taz: Ovvio.
Stronzo: Non è ovvio un cazzo.
Taz: Ovvio.
Stronzo: Chi ha deciso che i corsi cominciano martedì!? E chi ha deciso quante ore devo fare!? E chi ha deciso che finiscono il 12 novembre!?!?
Taz: Il prof. Salvemini.
Stronzo: MA CHI È? VOGLIO SAPERE CHI CAZZO È IL SIGNOR SALVEMINI!!!? CHI CAZZO È?

(Salvemini, dal suo studio a 500mt di distanza sente ed arriva in 3 millisecondi. Cacato sotto)

Salvemini: Professore?
Stronzo: Salvemini, LEI NON COMANDA UN CAZZO!!! QUÌ CHI DECIDE SONO IO! SONO STATO CHIARO?

(Salvemini trema)

Stronzo: SONO STATO CHIARO, PORCO DIO? LEI NON COMANDA UN CAZZO!
Salvemini: Ma i ragazzi non ci sono, ci sono altri corsi che si accavallerebbero. È l'unico orario possibile.
Stronzo: LA POSSIBILITÀ UNICA SONO IO! E IL CORSO LO STABILISCO IO! E SE NON VENGONO A LEZIONE LI BOCCIO! O VADANO A FARE NEL CULO DI QUALCHE ALTRO ATENEO, CRISTO SANTO!
Salvemini: (voce tremolante) Va bene...
Stronzo: (sorridendo e con aria distesa) Bene ci siamo chiariti.

Stronzo: (rivolto a Taz) Vai.
Taz: Sono affranto. Ma da quand'è che l'ha sorpresa?
Stronzo: Cosa?
Taz: L'andropausa.

25.9.07

Cristo Re

Gesù, anche lui, nella sua vita non è andato a faticare nemmeno un giorno.
Faceva il mantenuto sulle spalle di Giuseppe San che non avvinceva.

È da giugno che lavoro e non mi hanno pagato.
Quando vi parleranno di lavoro, chiunque sia cazzo, prima vi faccia scrivere su carta intestata le sue intenzioni sottoscritte da entrambi.
In questo mondo di merda la fiducia non esiste e non và data: figli di puttana, dobbiamo galoppare il denaro.
Prima i soldi e poi il resto.
Perché la libertà non è come ci raccontano la notte mentre succhiamo le tette delle utopie.
La libertà è potere d'acquisto.
Per il resto puoi anche urlare e saltare o decidere di farti una sega: quella non è libertà. Sarà sempre solo surrogato di biologie parallele.

Il lavoro non esiste.
E l'Italia è un Regno al collasso.

6.9.07

Manifesto dell'odio

C'è mica più bisogno di nasconderlo al rampante “costumatismo” dei democratici cittadini globali. Altro non sono, quelle a venire, che parole di un democratico villano del Sud.
C'è bisogno di esprimere tutto il rancore, esigenza di esternare l'insopprimibile senso di ripudio, di astio, di vergognosa malcelata ostilità.

C'è bisogno d'interrompere le forme di dialogo e di riprendere nelle mani il pugno della controversia irrisolvibile, della questione abbandonata.

Vi odio per il tasso di mercurio e le vernici tossiche che alimentano i vegetali che riempiono i ventri delle nostre vacche; vi odio per i provvedimenti del terremoto dell'80 e per quanto ne avete divorato.

Vi odio per il tasso tumorale quintuplicato che ci donate ogni giorno, per l'aria malsana che respiriamo. Vi odio per le strade perdute, disperse, allagate, frantumate, sotterrate, atterrate con le nostre coscienze sociali.

Vi odio per i vostri becchi di corvi che gracchiano e punzecchiano membra di fetide genti divelte: carcasse di bestie in sovrabbondanza spasimanti e dispersi lungo terra arsa di sole.
Vi odio per le scuole scassate, i muri scritti, le palestre inesistenti. Vi odio per i centri sociali negati, per il verde pubblico donato agli assessori.

Vi odio per le innumerevoli promesse fatte ai creduloni inetti, per i concorsi che truccate, per i posti che spartite con i cammorristi. Vi odio per i camorristi che ospitate nel vostro covo democratico ed a cui affidate ruoli di antimafia. Vi odio per Andreotti ancora al senato che può decidere la fiducia al governo. Vi odio per le vosre leggi inutili, per l'impunità dei potenti e la certezza della pena per gli stupidi.

Vi odio per l'economia che state finendo di mettere appunto, eretta su solide fondamenta belle salde sui binari della speculazione finanziaria dove viaggia.

Vi odio per l'alto tasso di fame, disoccupazione e miseria in cui ci tenete, ed attraverso il quale ripagate il lustro delle zone migliori: fiori all'occhiello che crescono ed evolvono sulle nostre facce, sui piedi che strusciano sulle gote nostre sfregiate di ferite ricolme di larve.

Vi odio per il lavoro in cambio di niente a cui ci costringete e per le vostre leggi che tutelano il disagio. Per la scuola che non insegna, l'università che ci fa succhiare alle mammelle delle chimere e il lavoro che divarica i nostri deretani discriminando, per rigorosi motivi etici e democratici, qualsivoglia lubrificante: La chiesa sarebbe contraria. E Biagi è un martire del lavoro.
Vi odio perché ci costringete ogni giorno a non fidarci dei morti di fame come noi, perché ci spingete ad odiarci come cagne assetate di cibo con la testa dinanzi alla stessa scodella. Vi odio perché ci avete strappato l'idea della famiglia che democraticamente tutelate e sponsorizzate con i vostri amici preti, perché ci costringete ad essere fidanzati fino a 50 anni negandoci perfino un patto civile tra bastardi schifosi in cerca di reciproca solidarietà.

Vi odio per i vostri bidé di solidarietà. Per i vostri pediluvi di pace. Per le vostre palle al vento e le nostre mamme bianche e povere e calve.
Vi odio per il pane aumentato del doppio in 2 giorni, per le elezioni, per i partiti.

Ma, soprattutto, odio quelle odiosissime cravatte a pois.
Il vostro buongusto è morto con l'irrealizzato sogno circa la vostra amichetta delle medie che puntualmente ve la negò.
Vi odio: ridicoli stereotipi di macho, vecchi anchilosati idioti.

29.8.07

delle relazioni amorose

(Assioma)
Ci sono 3 elementi: A, B e C.

A ama B.
B ama C.

(Spiegazione)
Così che A ama, ma non è corrisposto.
B ama A e, a sua volta non è corrisposto. Si sente tuttavia in colpa per lo spreco d'amore di A: egli stesso è consapevole del dolore della sofferenza del non essere amati.
C è amato ma non ama e, soprattutto, ignora A che lo odia in quanto gli ruba tutto l'amore di B.

7.8.07

Libbro - ver. 1.0beta


È finito.
Sillba più, monosillabo meno.
Due anni di salubre narrativa escono, insieme a molti inediti: raccolti_organizzati_rielaborati nel testo:
"Ossido di niente"
Chi ne desiderasse copia elettronica può chiedermela:
  • aggiungendomi a MSN ( louis_ferdinand@hotmail.it )
  • scrivendomi una mail ( diavoletto.taz@gmail.com )
Se non siete femmine è inutile che ci provate.
Se siete femmine... sfilatevi le mutande.

Sono un artista. Cazzo.

19.7.07

estate duemilasette

Melania ieri sera era spudoratamente arrapata.
Ribadiva, ogni 4 parole, che lei andrà in vacanza per fottere.
A una certa età fottere è tutto.
La vita c'ha disilluso.

9.7.07

Armonie


Spingerei questi tasti, su cui muoiono i miei polpastrelli, come martelletti d'un pianoforte.
Trasformarei interi periodi grammaticali in armonie. Scritte in accordi, rumori in pizzichi di corde.

E vorrei che tutti questi caratteri scomparissero per sputare fuori da quanto scrivo l'essenza stesse della parole e lasciarle naufragare in un vuoto surreale fino a farle diventare musica. Una graduale inesorabile destrutturazione logica. Una corrosione del senso pragmatico. Una mutazione armonica.
Armonia senza pretesa saggistica.
Senz'ambizione narrativa.
Urla d'amore dell'amore che ha finito le parole.
Bestemmie di un blasfemo che ha finito i santi.

E sputerei sull'ammasso insalubre di carcasse di sintassi. Su questa catasta di connessioni. Su quest'amalgama di rottami letterari fino a, come nella genesi, sentirmi DIO che dà vita ad una fottuta mistura. Che non resti terra e acqua. Carta e inchiostro. Elettrone e fosforo. Impulso e cristallo liquido.

E come da un sogno mi leverei a non sentire più parole d'addio, ma armonie che evochino infantili sensazioni d'abbandono.
Percepirei il fascino del silenzio soppiantare gl'inutili discorsi.

E per tutti: doti compositive al posto dello sforzo dell'alfabetizzazione.
Opere al posto di parole d'amore.
Tuoni invece che rabbia.
Rombi e rumore di pioggia colonna sonora d'impetuose passioni.


Stracciare via alla realtà il peso dell'ineluttibilità delle parole e lasciarsi la leggerezza delle sensazioni.
Vivere nell'armonia dell'essere e sciogliersi l'anima nell'aria.

Ma io sono un fottuto ingegnere.
E queste restano vergognose parole.
Parole che manco dio ha saputo trasformare in armonia.

Che ci tolga le parole dio, e ci regali armonia.

4.7.07

Della scuola e del Sud

Questo è l'ultimo anno che assumono nella scuola. Assorbimento dei precari.
Le prossime assunzioni saranno nel 2013 con CONCORSO PUBBLICO
Al Sud si stanno organizzando.
E se la camorra si organizza. Significa che lo Stato ha già comunicato.
Ha già fatto i patti.

- Che gliene viene alla camorra di dare un posto ad un insegnante?

Che ingenua domanda.
Immagina. Hai 33 anni e sei disparato. Maschio o femmina. Sei nel Sud.
Gli amici, l'amore, la famiglia, la terra maledetta e tutte le puttanate di cui ti sei riempito la vita al sud.
Sei disposta a tutto ma vuoi smettere di sentirti inutile, infelice, povera e frustrata.
Ma non entrerai mai.
Nonostante sei bravissima e preparatissima e un genio.
Allora disperata bussi ad un cancello incastrato tra mura di cinta di cementarmato e sorvegliato a circuitochiuso.
Il tempo di bussare e vedi che i tuoi desideri democratici sono 8mila euro + 5 voti per le elezioni.
E se non voti loro lo sanno.
E sanno sempre come fartela pagare.
Ecco cosa gliene viene alla camorra.

E lo stato ha già deciso. Ma non da solo. Con loro.

La scuola era meritocratica, un pò.
Ma la meritocrazia và abolita in Italia.
L'hanno deciso le massonerie a cui affieriscono anche i clan.

Questa è la realtà. L'unica che conta.
Il resto sono KINDERBUENO e PERIZOMINI per un'estate a mare che pochi ancora possono permettersi.

- Mi schiaccia il tuo vedere il marcio ovunque.

Quì lo noti il marcio, o ti assuefai e fai finta di non vederlo più, come l'immondizia nelle strade.

Nei posti in cui un aperitivo si può bere con serenità, il peso del mondo non si sentirà mai. Tutto scivolerà nelle gole. Leggero.

E ti vengo a cercare

"Questo secolo ormai alla fine
saturo di parassiti senza dignità
mi spinge solo ad essere migliore
con più volontà."

F. Battiato - E ti vengo a cercare

1.7.07

Gaia


Alle 9.57 arrivava l'intercity. Quando arrivava.
Le carrozze erano quelle centrali. Sempre.
Tra le mani di Eleonora c'era sempre un pensiero. Generalmente molto romantico.
Le mie erano generalmente vuote in attesa di riempirsi di lei.

Il saluto ed il "come stai" assumevano l'aspetto di un superfluo convenevole di "bon ton" che si traduceva metafisicamente in una specie di riappacificazione delle reciproche anime.
Generalmente il bagno era il primo che capitava.

I bagni degli intercity hanno i vetri bianchi traslucidi, sono rumorosi e, di mattina, non fanno troppo schifo. C'è sempre uno specchio di fronte e sono molto larghi. Abbastanza larghi da ospitarci entrambi.
Abbastanza spazio per spogliarsi e fare tutto, lì, in cesso che diventava stanza; nello sbattimento di ferraglie che diventava sinfonia. Nelle mie mani che diventavano avide; nella sua bocca sporca di sperma.
Il supplemento business class lo rubai un giorno dalle mani di una fata finita davanti ai miei piedi per caso.

Eleonora aveva i capelli ricci, riccissimi. Duri, spessi, vorticosi, larghi. Una chioma che contornava un viso largo ma delineato, ricoperto di pellaccia dura e setosa come i petali dei garofani.
La mandibola un pò allungata.
Eleonora aveva gli occhi marroni. Marroni come il legno dele querce, delle sequoie, del mogano. Dei pioppi. E più esplodeva di piacere più erano marroni, più erano grandi.

Le mani di Eleonora erano tozzette e mai che avesse avuto un polso libero. Bracciali di perline infilate a mano, peperoncini rossi che sembravano corni. Al collo sempre un nuovo ciondolo. La bocca sempre la stessa e, credetemi, che bocca. Cazzo.

- Nader! ...Taz.
- Bussa da Roberto.

[...]
- Roberto? ... Taz.
- Taz! Gaia v'aspetta.

[...]

- Gaia?

- Taz ed Eleonora. La moglie mi diceva che lei ricordava una cantante rumena di qualche anno fa, tu invece molto... molto...

arrossisce un po'
-...maschio. Vi ho riconosciuto subito. Ecco. Questa, oggi, è casa vostra.


Il letto non lo ricordo, e di tutti i vestiti di Eleonora ricordo solo una specie di scarpe bianche.
Della stanza non ricordo niente, ma il vento spingeva dentro le tende bianche sopra le finestre spalancate.
La stanza era soffocata di una luce meravigliosa e rossastra, screziata di giallo. I palazzi intorno erano di una delizia disarmante. Di fronte c'erano tegole rimosse e un comignolo dove dei gabbiani avevano deciso di trasferirsi da poco. Credo non pagassero l'affito nell'anarchica libertà che li dominava.

Le parole si dilatavano, i veli espandevano, i corpi esplodevano. E non ricordo cosa successe prima, o cosa successe poi ma c'eano delle gambe.
Ed un culo poggiato su un davanzale che parlava ad un telefono e la sua voce sorrideva.
Si poeva pensare di stare facendo l'amore anche solo ascoltandola.
Si accostò al eltto e deci si di tirarle via i vestiti e legarle le mani al letto. Decisi di tirarle via le mutande e morderle le labbra. Di strappale i capelli mentre il mio corpo spingeva contro il suo e le mie palle sbatteano sull'orifizio del suo fondoschiena.

E non capii mai dov'è che finivano i miei occhi e cominciavano i suoi, o dove le mie mani finivano e cominciavano i soi capelli. Ero io i suoi capelli e le sue mani e lei era i miei desideri.
Il corpo suo era sparso su lnzuola bianche: membra distese a celebrazione del mio piacere, della vita che urlava impazzita nelle bocche dei gabbiani.

Le spinte pelviche erano vento che muoveva le tende; sole che batteva sul mondo; sperma che, come sudore, grondava dovunque.

Le sue urla di piacere ed il suo singhiozzo erano il mugolio delle onde di notte: incastrate come carcasse tra gli anfratti e la battigia.
Le sue mani scavavano la mia carne e i miei denti aprivano sanguinanti feritoie lungo la sua schiena, sulle sue spalle, sulle meravigliose pacche di un culo che il mondo ha raramente apprezzato in milioni di anni.

E i graffi e il rossore e la forza erano espressione di una voglia di morire di un morte di transito verso l'infinito.
Ogni goccia di sangue un urlo. Violenta passione sfogava, emergeva. Come bestia in gabbia, come assetato che martella nel terreno certo dell'acqua che c'è sotto...
Rabdomanti di piacere infinito, eternamente in cerca e mai sazi.
E piacere. Piacere a quintali, a tonnelate, a metri cubi.
Ne bevevano e le facce, i peli, le unghie. Pieni. Saturi.

Bocche costantemente spalancate a mordere l'anime che grugnivano come maiali nel letamaio immenso della nostra passione clandestina.

Ma il tempo, il fottuto tempo ci fregò sotto la doccia.
E poi non ricordo che una corsa con la mano stretta nella sua, ed un altro treno.
E lancette che scandivano una fine.
E non ricordo quanto viaggiai.
Non ricordo quanto le scrissi.
Non ricordo niente.
E il ricordo della fine digrignava i denti a volerla aggredire, la fine.

Ma il tempo aggredisce il ricordo che mi consuma, lasciandomi addosso la vergognosa voglia di dimenticare.

30.6.07

Annuncio di Lavoro

*Elettronica*
Azienda, leader nel settore, cerca brillante ingegnere neolaureato massimo ventiseienne, bello, superdotato, barba fatta e occhiali dolcegabbana. Esperienza minima quinquennale pregressa. Richiesto master alla Berkley University of California.
Dataentry.
€10-15.000 lordi annui.

2° email del boss

Ieri era un fisso più 50 punti percentuale per progetto più una cifra forfettaria per il costo dei trasporti.

Oggi una mail mi ha avvisato che l'accordo è diventato una percentuale imprecisata sui progetti ed il rimborso dei titoli di viaggio effettivi.

Domani è domenica.

Ma lunedì credo che non mi presento.

29.6.07

Primo giorno di fatica


Il preludio alla sveglia è stato un sonno agitatissimo.
Ero in una casa che dava sul mare, col vento che faceva volare le tende. Bianche.
Io ero sul letto, nudo e questa era bona. Troppo bona.
E non voleva fottermi, ma che le ordinassi un pompino.
La carta dei pompini prevedeva pompini aglio e olio, al pesto o 'ndurati e fritti.
Imbarazzato chiedevo solo un pompino DELLO CHEF. Ma la casa non l'aveva.

Prima dell'alba sarò venuto 5 6 volte.

Mutande lerce.
Doccia e primo treno.
L'alifana è una linea ferroviaria senza cavi, che passa per paesi di si e no 200 abitanti e porta verso il nordest della campania.
Le stazioni sono tutte simili, stanze d'attesa cubiche e giallognole. I muri colle scritte che presentavano ancora una valenza vitale. Le panchine di listelle di legno, il sole ci sbatteva sopra rendendo il tutto un romanzo ambientato nel Sud della Francia.

Guardavo attonito il paesaggio da uomo single. Senza nemmeno una femmina ufficiosa.
Non so se mi sentivo più solo, più libero o, semplicemente, più voglioso.

Ma il giorno nuovo chiamava e non c'era tempo di pensare a cose senza rilevanza capitalistica.

Oggi era un progetto per AirOne.
Il tipo mi ha offerto il pranzo e mi ha parlato sommariamente della mia retribuzione profilandomi un futuro niente male, forse.
Il primo giorno ho lanciato 4 comandi, un pò di script, buttato giù una bozza di progetto.
Per cominciare proprio niente male.
Mi piace.
Sono un ingegnIere in fondo, cazzo.

22.6.07

ipotesi

Un viaggio.
Di sola andata senza meta.
Il mio passato s'è chiuso d'imprivviso. La mia vita si è spenta fino a deprimersi.
Non sono questo io. Sapere chi si è una pretesa assurda. Ma cercare di sentirsi meglio. E' la vita che me lo chiede. Che mi urla di andare e cercarmi.
Mi mancano i boschi e i ruscelli e le notti in tenda.
Mi manca il mal di collo di quando si guarda il cielo per ore.
Mi manca d'interrogarmi e chiedermi cosa sono, cosa voglio, dove sto andando.
Mi manca di vivermi, di toccarmi e di sentirmi ancora io.

Nessuno a cui si è affettivamente legati permetterebbe mai che il "congiunto" partisse senza fissare il ritorno. L'affettivtà è una primitiva forma di possesso dell'altro che include la privazione, per accettazione implicita reciproca, di certe libertà essnziali.
Annunciare pesonalmente il viaggio sarebbe una cosa che m'impedirebbe di faro. Ci sarebbero tutti i motivi per non farlo. La deposizione della mia atestata carriera d'ingegnere, o le prospettive un degno futuro capitalistico.
Ma queste sono solo le cose che gli altri vogliono per me.
Mi ritrovo quasi morto, d'amore senza amore.

Ho bisogno di ritrovare tutto, almeno me stesso.
So che se ungiorno tornerò a casa (ci tornerò) mia madre mi accoglierebbe come le mamme sanno fare.
E' nella certezza dell'eternità della positività che voglio intraprenderlo il viaggio.
Senza scrivere troppe righe a nessuno, lasciando le cose importanti all'unico che so amico.

Ne ho bisogno. Devo farlo. Per me.
E' il mio amore per la mia vita a chiedermelo.
E se è l'amore a chiedermelo, lo faccio.

20.6.07

Si virgola

ma ormai abbiamo preso la strada di lasciarci
punto

12.6.07

età


Io me ne farei niente dei tuoi anni e di tutte quelle rughe
che ti segnano la faccia di minuti come le gocce d'acqua nelle pietre.

Ti guarderei col vestito nero come la donna del quadro di Vettriano
E se il tempo fosse davvero relativo anche per noi
ti lascerei correre nei miei occhi alla velocità della luce
rimanendo bella come ora
e guardandomi invecchiare
Fino a baciarti nel momento in cui
il mio ed il tuo tempo
combacerebbero
come il confine dei nostri corpi.

5.6.07

reminescenza

Dietro casa mia c'era la vetreria. Tra la vetereria e l'isolato di fianco un incavo di 3 metri per 2. Credo.
Lì era l'ospedale e quel giorno Imma aveva la febbre.
Posso dirlo, perché cacciai il cazzo, glielo misi sotto la scella e sentenziai:
"trentasette e mezzo."

Allora sì. Ero un chirurgo.

1.6.07

about love (2nd)

Come le favole, l'amore racconta di personaggi che non stanno né in cielo né in terra, ma lì.
Con l'unico scopo di cacarci il cazzo.

beddenbreccfast


E mi regalò due margheritoni arancio tenue.
Stretti nel cesso dell'intercity le margherite si spogliavano di una foglia ad ogni morso.
All'ultima laeccata di fica erano nude anche loro.

Le gettò lasciandole lì. In bagno.

Il nastro giallo dei suoi capelli volteggiò, più tardi, nell'aria
sporco di panna e ciliegie: strumenti di tortura del piacere.

Non so quante composizioni fece mentr'era in volo. Sussultava nello spazio aereo. Come una biscia nell'acqua di fiume.
Sinuoso e bilanciatamente asimmetrico si adagiava sul letto sfatto.
Lasciò lì il nastro.

Ammé invece mi lasciò pochi metri più in là, davanti alla porta.
Ad ogni passo si allontanava chilometri finché mi ritrovai, solo, sulla fermata della metro.

Ed il mondo era già col cazzo fuori. Ed io già con le braghe calate.

27.5.07

Bonsai


Il 30 marzo mi hanno regalato un bonsai.
Oggi ho scoperto che è un Olmo, e l'ho chiamato John.

John Olmo è una bellezza, ed ho deciso di non farlo più morire.

24.5.07

le favole

Le favole mi facevano sempre stomacare da piccolo.
Tutto quel buonismo, tutto quell'accanimento contro Pinocchio: io a differenza di Collodi sarei stato garantista. Lo ero già allora.
E poi le fatine: io me le volevo chiavare tutte: le bacchette, i vestiti magici...
Trilly ad esempio, secondo me, doveva essere una grande chiavata.

E il mito del principe azzurro mi istigava un senso di frustrazione.
A guardarmi, di animalesco, non avevo un cavallo ma solo una proboscide tra le cosce.
Era imbarazzante per una bimba abituata già al sogno borghese.

Il principe diventò poi l'uomo coi soldi, il cavallo una macchina duemilabbenzina.
Ma la proboscide rimase una proboscide cazzo.
Ed io, una favola proletaria.

21.5.07

21.05.2007


Un fottuto uomo solo.
Solo nella passione, nella memoria, nella condivisione dei pensieri.
Solo nel sesso e nel monologo.
Solo nei sogni e nel cesso.

La ricerca. Forsennata. Di stimoli, idee, attività.
Brama di corpo, d'anima.
Brama di baci e di fetido amore.

Correre, chiudere la porta e sbarellare per strada urlando parole impronunciabili.
Saltare. Tirare le briglie di un aquilone su prati verdi, in pinete ai margini di lembi di mare.

Ex-Ducere.
Non conta cosa. Tirare fuori.
Se stessi, le braghe, il cazzo, la lingua.
Educarsi alla vita.
Bere sussulti.
Mordere passione.
Baciare labbra di natura.
Leccare le cosce al vento.
Stringere gocce di mare.
Mordere i piedi del caldo e le calcagna del freddo.

Leccare la fica dell'universo
fino a vederne gli occhi
rigirati dalla parte della corteccia.

15.5.07

...si dovrebbe...

Si dovrebbero scrivere delle pubblicazioni su riviste serie di antropologia sull'imutabilità delle posizioni degli individui nelle piazze del mezzoggiorno italiano e l'influenza relativa dei fenomeni metereologici su di esse.
Si dovrebbe scrivere del beneficio degli ombrelloni aperti offerti gratuitamente al bevitore nei bar del meridione nei pomeriggio della tarda primavera cedente all'estate.

Si dovrebbe scrivere un trattato scientifico sui meccanismi di diffusione delle tipologie di calzature tra le donne tenendo conto del tempo di diffusività. A Barcellona come a Caserta.

Bisognerebbe scrivere delle domande delle segretariette agli uffici delle agenzie per il lavoro.
O dei sogni degli operatori di call-center.
O dei disoccupati.

Ma il mondo ha bisogno d'altro.
Del partito democratico per esempio.
O del nuovo libro di "pura pornografia" scritto dal subcomandante Marcos che ha avvertito "Niente politica, solo sesso".
Sono affetto della stessa malattia.
Salvatemi.
O almeno salvate il subcomandante: Fatelo chiavare di più.

5.5.07

pensieri da convogliare

Questo post e' un annuncio.
Finiro' entro l'inizio dell'estate la prima versione del mio libro che raccoglie gli scritti "migliori" finora qui' presentati.

Dopodiche' mi dedichero' alla costruzione di un testo politico-economico che parte dal considerare una societa' collaborativa a rete per poi valutarne gli aspetti essenzialmente politco-economici.
Di qui' i motivi per la definizione di una nuova forma di rivoluzione democratica per la delineazione di uno stato nuovo che dell'attuale modello conservi poco o nulla.
Nel testo non mi fermero', credo, sugli aspetti socio-antropologici ne' su quelli militari.

Considerando la mia innata propensione verso il vacillo nel proposito, di tutto questo libro paventato aspettatevi qualche post.
Ulteriori righe qualificatele come "GRASSO CHE COLA".

Vi bacio in bocca femmine.
Voi uomini potete pure jttare il sangue.

26.4.07

atté

come le margherite arancioni
come erba
che gliene frega solo di star su
squassata dal vento
intenta com'è a colorare la terra di verde
l'aria di fresco
a contrastare il turchino del cielo e
i gridi delle rondini
bella
così
come gli aquiloni
e le fontante d'acqua che scorrono dalle rocce
scoglio che infrange
onda che devasta
cielo che incombe
terra che resiste
uccello che galleggia
aria che ne sostiene i voli
azione
reazione
purezza
denti che ridono
e che mordono
mani che accarezzano
e strappano
piedi che sfiorano
e calpestano

solco che che emerge
e riaffonda

nelle mie membra
calde
della tua primavera.

about love


L'amore è un sistema algebrico con molte incognite.
L'individuo impone ad esso moltissime condizioni da rispettare ad esso attribuite come "reltà dell'amore" o "vincoli che l'amore idealizzato debba rispettare".

Nella stragrande maggioranza dei casi il rapporto reciproco si trasforma in un sistema sovradimensionato: il numero delle condizioni è maggiore del numero delle incognite.
Un siffatto sistema è impossibile e non ha soluzioni.
La migliore soluzione può essere ricercata minimizzando una funzione delle inconite che l'unica cosa che però soddisfa è le condizioni imposte. L'amore non lo si tange nemmeno.

In altri casi si impongono poche condizioni rispetto alle incognite.
Le soluzioni diventano infinite possibili. Meno sono le condizioni più infinite le soluzioni.
Il rapporto incondizionato non ha soluzione precisa. Si muove in un sottospazio indeterminato.
Si può minimizzare un "residuo d'amore" da fare in modo che l'amore atteso e le poche condizioni non siano molto distanti.
Quì la soluzione non rispetta manco le condizioni. Ma forse è nei paraggi... forse.

Impossibile poi immaginare di imporre un numero di condizioni pari al numero di "amorevoli incognite" se non si sa manco quante sono.

L'unico modo per affrontare lo sconforto generato dalla considerazione della fenomenologia amorosa nella propria esistenza è quella di considerare la soluzione banale: tutto uguale a zero.
Nessuna condizione. Nessuna incognita.
Così.
Masculi e femmine assolti da ogni prestazione psichica a sovrastrutture morali ed emotive.

13.4.07

Agenzia Interinale

Taz: (trafelato) Buongiorno! (sorriso finto)
Agente (analfabeta e racchia): Dica...
T: mmm... ho un curriculum, pensavo d'iscrivermi.
A: (faccia disgustata) Lei chi è?
T: ehm... Taz! Pensavo potreste offrirmi un lavoro...
A: Lei che lavoro vuole fare?
T: Pensavo l'astronauta... o lo spacciatore.
(A rimane impassibile. Pausa)
A: Compili il modulo.
T: Questo è per gli astronauti?
A: No, per i disoccupati.
T: Ma io sono inoccupato.
...15 minuti...
A: ...ma lei è laureato?
T: eh...
A: Allora no. Deve chiamare. Deve prendere appuntamento presso un'altra sede. Chiedere appuntamento. Poi le fanno il colloquio e se lo passa...
T: Il colloquio a che serve?
A: Per sceglierla tra i disoccupati titolati.
T: UAU.


11.4.07

Politica Italiana

"Craxi fa parte del Pantheon del Pd come Rosselli, Matteotti, Nenni, e Pertini".

Piero Fassino, DS. 10/04/2007

31.3.07

30.03.2007

C: Con il potere di GREYSCHOOL la nomino dottore con voti centouno su centodieci.
C: Parola di Dio.
A: Rendiamo grazie a Dio.

25.3.07

Rivelazione anatolica


Sedevo,
colle natiche poggiate sulle sponde del "joe River", un lido dato in gestione ad un angloamericano sulla punta sud-est della penisola anatolica.
"Il cielo stellato sopra me", l'Egeo innanzi a me.
Una bottiglia verde, galleggiante, si propone al luccichio della mia luna al tramonto, e nel suo stomaco ondeggiante un messaggio:
"Ricicla anche tu una bottiglia vuota, cazzo."

24.3.07

del lavoro (1)

Qualunque cosa ci si sforzi di fare è obbligatoriamente soggetta al vaglio di un controllore delegato dal potere costituito, nominato a sua volta per delega del popolo (nel caso di controllori istituzionali) o per "volere superiore" (che risponde politicamente ai delegati del popolo) nel caso di un settore privato.
Tralasciando le considerazioni sulla media del popolo, se ciascun controllore detiene la possibilità di distruggere e vanificare ogni sforzo costruttivo, allora il lavoro, di qualunque tipo, per qualunque fine, è di per sé qualcosa di fortemente distruttivo per l'animo umano, per cui, non ha senso alcuno praticarlo.

21.3.07

perregalo

Tutti mi chiedono cosa voglio come regalo di laurea.
Quando rispondo "un paio di grandi puttane belle gonfie per 2 giorni", ridono.
La gente non ti crede mai, cazzo.

16.3.07

momento storico personale



[...] Questa è una merdosissima realtà della vita, ma è una realtà della vita davanti alla quale il tuo culo deve essere realista. [...] Penso che ti ritroverai, quando tutta questa merdata sarà finita, ad essere un figlio di puttana sorridente.
Marsellus Wallace - Pulp Fiction (Q. Taraninno)

10.3.07

adesso

Adesso sono nudo, in una stanza d'albergo di Rovigo.
In questa finestra da dive si vedono tutti gli stronzi del sabato sera riluccico intriso di sperma e di olio. Il fon soffia il calore di una notte di orgasmi e le lampadine delineano contorni di rapporti sempre più evanescenti ed erotici.

L'amore bracca di nascosto ogni fugace sguardo.
L'odio pure.

25.2.07

25.02.2007

Prevenire e non curare.
Volitivo non conservatore.
Sesso selvaggio, non bacetti e pizze ebbaciperuggina.

18.2.07

olé

Oggi volevo sentirmi rivoluzionario.
Allora ho fatto la doccia cogl'occhiali. E le scarpe.

6.2.07

News

Tazzate's book 0.8beta is out.

Mancano le immagini.
Se ne avete di vostre liberamente usabili mandatele via mail.
Se ne vale la pena le integro.

2.2.07

.

La storia non serve al potere e, soprattutto, non serve per comprare un frigorifero all'ipermercato a tasso zero.

28.1.07

favola numero 1

C'erano dei pesci in una palla di vetro e si andò fuori per settimane.

Perirono, giorni dopo.
Soffocati, dalla loro stessa merda.

Chiesi ai vicini di prenderli.
I piccoli pretesero l'ibernazione per le solenni esequie da celebrarsi al rientro.

E tornammo e prendemmo i pesci dal frigo.
E li seppellimmo con tanto di microprocessione e deposizione di corone floreali.

All'alba le luci svegliarono me. Una fetta di mondo. Svegliarono i piccoli ed illuminarono l'aia che scopriva, al tenue sole, ventri e spine di pesci sbudellati in tutto il prato e pianti. E piscio di gatto.

a stomaco vuoto


C'è niente, cazzo.
Niente che valga la pena bere alle 11.37 del mattino se non un campari con tanto, tanto gin.
Maledettissimo sia il polivinilcloruro.

26.1.07

26.01.2007


<< [...]
Pinchard,si chiamava ,il professore.Cosa poteva aver deciso lui per salvarsi la carotide ,i polmoni e i nervi ottici?
Ecco la domanda essenziale,quella che avremmo dovuto farci noi uomini per restare rigorosamente umani e concreti.Ma eravamo lontani da là,storditi da ideali assurdi,tenuti a bada da luoghi comuni stolti e bellicosi,topi già affumicati ,cercavamo come dei folli di scappare dalla nave in fiamme ,ma non avevamo nessun piano d'insieme,nessuna fiducia reciproca.Allocchiti dalla guerra,eravamo diventati pazzi in un altro genere:la paura. Il diritto e il rovescio della guerra.

- "E' vero che sei proprio diventato pazzo ,Ferdinand?"
mi chiese lei un giovedì.

- "Lo sono !"
confessai.

- "Allora ti cureranno qui?"


- "Non si cura mica la paura, Lola."


- "Oh! Ma allora sei proprio un vigliacco,Ferdinand!"


- "Si assolutamente vigliacco, Lola, rifiuto la guerra e tutto quel che c'è dentro.. Non la deploro, io.. Non mi rassegno, io.. Non mi piagnucolo addosso, io... La rifiuto recisamente, con tutti gli uomini che contiene, voglio averci niente a che a che fare con loro, con lei. Fossero anche novecentonovantacinque milioni e io solo, sarebbero loro che hanno torto, Lola, e io che ho ragione, perché sono il solo a sapere quel che voglio: non voglio più morire."


- "Ma è impossibile rifiutare la guerra, Ferdinand! Ci sono solo i pazzi e i vigliacchi che rifiutano la guerra quando la loro Patria è in pericolo.."


- "Allora vivano i pazzi e i vigliacchi! O piuttosto sopravvivano i pazzi e i vigliacchi! Ti ricordi un solo nome per esempio, Lola, di uno dei soldati ammazzati nella guerra dei Cent'Anni?... Hai mai cercato di conoscere uno solo di quei nomi?... No, vero?.. Hai mai cercato? Ti sono altrettanto anonimi, indifferenti e sconosciuti quanto l'ultimo atomo di questo fermacarte davanti a noi, quanto la tua cacca mattutina.. Vedi allora che sono morti per niente, Lola! Per assolutamente niente di niente , 'sti cretini! Te lo dico io! Abbiam fatto la prova! Non c'è che la vita checonta. Fra diecimila anni, ci scommetto che questa guerra, per quanto sublime ci sembri adesso, sarà completamente dimenticata.. Sarà tanto se una dozzina di eruditi s'accapiglieranno ancora qua e là, circa le date delle principali ecatombi che la resero famosa..."
[...]>>.
Céline - Viaggio al termine della Notte

16.1.07

"Storia d'un impiegato"

Il tremilaquattrocentosettantaseiesima gorgheggiante risveglio al sapore di trasistor.
Trillo più trillo meno.
Barba e traffico, e uccelli infosi, e lettore magnetico e cartellino.
Stretto nei denti il sogno sfracellato sotto i colpi della sveglia biarmonica.
Sfracellato sotto la bobina roteante il suo braccio, la spalla, le dita.

E strillava, e strillava inginocchiandosi al dolore che lo ammazzava.
Ma quel giorno, la vita, lo aveva proprio fottuto.

Lottavano così come si gioca
i cuccioli del maggio era normale
loro avevano il tempo anche per la galera
ad aspettarli fuori rimaneva
la stessa rabbia la stessa primavera...

... e io contavo i denti ai francobolli
dicevo "grazie a Dio" "buon Natale "
mi sentivo normale
eppure i miei trent'anni
erano pochi più dei loro
ma non importa adesso torno al lavoro.

Cantavano il disordine dei sogni
gli ingrati del benessere francese
e non davan l'idea
di denunciare uomini al balcone
di un solo maggio, di un unico paese.

E io ho la faccia usata dal buonsenso
ripeto "Non vogliamoci del male "
e non mi sento normale
e mi sorprendo ancora
a misurarmi su di loro
e adesso è tardi, adesso torno al lavoro.

Rischiavano la strada e per un uomo
ci vuole pure un senso a sopportare
di poter sanguinare
e il senso non dev'essere rischiare
ma forse non voler più sopportare.

Chissà cosa si trova a liberare
la fiducia nelle proprie tentazioni,
allontanare gli intrusi
dalle nostre emozioni,
allontanarli in tempo
e prima di trovarsi solo
con la paura di non tornare al lavoro.

Rischiare libertà strada per strada,
scordarsi le rotaie verso casa,
io ne valgo la pena,
per arrivare ad incontrar la gente
senza dovermi fingere innocente.

Mi sforzo di ripetermi con loro
e più l'idea va di là del vetro
più mi lasciano indietro,
per il coraggio insieme
non so le regole del gioco
senza la mia paura mi fido poco.

Ormai sono in ritardo per gli amici
per l'olio potrei farcela da solo
illuminando al tritolo
chi ha la faccia e mostra solo il viso
sempre gradevole, sempre più impreciso.

E l'esplosivo spacca, taglia, fruga
tra gli ospiti di un ballo mascherato,
io mi sono invitato
a rilevar l'impronta
dietro ogni maschera che salta
e a non aver pietà per la mia prima volta.

15.1.07

Tesi di Laurea - Ultimo round (?)


Ogni simulazione dura 365 secondi e 25 decimi.
Ogni quattro simulazioni un secondo bisestile nel corso del quale, inevitabilmente, mi caco il cazzo.

14.1.07

alfa alfa

Nostò mai bene.
Il senso d'inadeguatezza è una lama che scorreggia nello stomaco un pezzo di Luis Armstrong.
È domenica, essiamo bbelli.