20.12.07

Tutto quanto volevo era pedalare

Quella sera l'autunno inoltrato sfiorava l'inverno, il freddo tagliava il passo a me che impavido mi ficcavo nel groviglietto chilometrico di strade che mi separavano dalla destinazione. Mi ero cacato il cazzo di camminare a piedi.

Le poste centrali erano enormi: l'unico luogo della città dove le bici (quelle di ferro con i freni rocchenroll) erano prive di catenacci a proteggerle da potenziali malinquenti.

Il cattivo ero io stavolta, e la bici mi chiamava nel gelo cadente.
Ed io risposi. Cazzo.
Non dovevo forse?

La gente usciva dalle poste, altri entravano.

L'afferrai per le corna come a domare un toro. Tra l'andirivieni di borghese gentaccia uno aumentava il passo proprio mentre io sfilavo la ruota anteriore dalle forche.

Muovo i miei passi.
Lui anche.
- È sua, cristo.
Correvo con le corna sottobraccio. Uno, due... quatto passi ed eroin groppa.
Accelerarla: quale insormontabile difficoltà.

In tre falcate mi stava quasi alle calcagna.
- Cazzo cazzo!
Premo sui pedali.
- (Mi prenderà...)
- Dove cazzo corri? Pezzo di merda!!
Sgomitolo. Raccabattolo.
- La bici!
Affannava).
- La mia bici cristo!
Bofonchiava con la sciarpa tirata indietro dal vento.
Un moccolo gli pendeva dal naso. Sulla barba incolta il fiatone gelato ristagnava

Scavalcavo la bici per velocizzare l'abbandono del mezzo del reato prima che potesse fottermi. Tenendomi in equilibrio sulle corna e sul solo piede sinistro proseguivo ancora qualche metro.
- Figlio di puttana!
La parete di rete si apriva a fare spazio al cancello che dava sul parco pubblico. Saltato dalla bici e la scaraventavo nel parco.

Accelerava.
Io pure.
Forsennato in corsa, ridevo a crepapelle.

Nel mentre la bici imboccava solitaria ed autonoma la viuzza del parco, l'uomo l'inseguiva con un'inversione a 90 gradi a destra. Mi aveva mollato il tipo.

La bici girava a spirale in senso orario tra le urla del maledetto che allungava già le mani, e facendo per inginocchiarsi sulla dinamo a pochi metri oltre l'ingresso istigò nell'uomo un urlo:
- Uomo di merdaAaAaAaAaaAA!
Afferrava finalmente la bici. Soddisfatto ne valutava eventuali escoriazioni.

Continuavo a correre fino a pogiarmi all'angolo del binario 4 della stazione.
Le risate riecheggiavano impastate al fiatone ed attaccate alle natiche della disperazione.
Il sorriso si riappropriava delle sue labbra.
La luna si dileguava nella nebbia.
La città preparava la cena.

Il desiderio di possesso è più forte della sete di giustizia.

1 commento:

Anonimo ha detto...

...bei tempi...