23.5.06

Sogno numero due

Sottotitolo: Ipotesi per un comizio elettorale

Imputato ascolta,
noi ti abbiamo ascoltato.

Tu non sapevi di avere una coscienza al fosforo
piantata tra l'aorta e l'intenzione,
noi ti abbiamo osservato
dal primo battere del cuore
fino ai ritmi più brevi
dell'ultima emozione
quando uccidevi,
favorendo il potere
i soci vitalizi del potere
ammucchiati in discesa
a difesa
della loro celebrazione.

E se tu la credevi vendetta
il fosforo di guardia
segnalava la tua urgenza di potere
mentre ti emozionavi nel ruolo più eccitante della legge
quello che non protegge
la parte del boia.

Imputato,
il dito più lungo della tua mano
è il medio
quello della mia
è l'indice,
eppure anche tu hai giudicato.

Hai assolto e hai condannato
al di sopra di me,
ma al di sopra di me,
per quello che hai fatto,
per come lo hai rinnovato
il potere ti è grato.

Ascolta
una volta un giudice come me
giudicò chi gli aveva dettato la legge:
prima cambiarono il giudice
e subito dopo
la legge.

Oggi, un giudice come me,
lo chiede al potere se può giudicare.
Tu sei il potere.
Vuoi essere giudicato?
Vuoi essere assolto o condannato?

Quest'album (Storia di un impiegato - F. De André) è senza ombra di dubbio il lavoro discografico italiano migliore degli ultimi 100 anni. Le canzoni sono legate da motivi e tematiche. Ciascuna legata alla sccessiva, e le successive alle prime per ritmi ed atmosfere. È un pensiero unico segmentato in diversi brani. Un impatto emotivo, sociale e culturale unico. Pregnante d'anarchia. Brulicante di vita mentale.

20.5.06

Ricordando i morti


Era il 1° novembre. Non il 2, perché il 2 non si fa festa sulla fatica in Italia, e mio padre doveva andare a faticare il giorno dopo.
Come ogni anno ci recammo nei vari cimiteri di Napoli, superaffollati.
Fuori era una specie di festa del paese. C'erano le giostre, lo zucchero filato, i palloncini abbuffati con l'elio, il venditore di melograni caramellati e quello delle prime castagne tirate fuori dal congelatore col sapore acido dell'anno prima.
Il vialone del cimitero lunghissimo. Ogni cimitero ha un viale. Intorno e inmezzo neri che volevano venderti gadget utili ma di poco conto anche per l'epoca.
I zincari che elemosinavano imperterriti ossessionandoti per metri.
Il monumento ai caduti.
Al bivio a sinistra.
Il mio bisnonno, uno zio e la mia bisnonna tutti nella stessa tomba:
- Ma come fanno a entrarci a 3, papà?
- Quelli quando muoioni s'astregnono!

Oltre era la tomba di mio nonno che recava il mio nome e il mio cognome. Mia nonna piangeva per giorni nei giorni del 2 novembre e, ancora oggi, si porta la sedia pieghevole di legno e passa tutto il giorno lì. Una specie di ricongiungimento astrale ol marito morto prematuramente. O morto al tempo giusto ma quando lei non voleva.
Mio padre guarda suo padre, e mi chiama. E io mi giro sorridendo: almeno io glielo potevo dare il sorriso, e gratis.

Poi mi arrampicai sopra un'impalcatura di legno che cingeva nuove nicchie in costruzione. E urlavo:
- Sono il capitano! Salite a bordo! Non rimanete a terra! L'isola esploderà tra un minuto, cazzo!
La folla mi guardava ma nessuno saliva.
Mio fratello mi segue.
Dopo un pò arriva mio fratello cuggino e gli grido:
- Amico sali! Sei ancora a Terra! Staje 'nguajato!
e lui.
- Si ma tu staje ancore dinto e' ccriature! (vivi ancora nel mondo dei bambini).
Tirai un calcio a mio fratello e scendemmo dalla scialuppa.
L'arrembaggio era finito. Da capitano a testa di cazzo il salto era grosso. Mortificante. Una specie di capoturno ridotto a operaio semplice. O contratto a progetto non rinnovato.Mi sentii una chiavica e mi dissi che dovevo crescere. Che non andavo bene.
Mi sentii addosso la colpa delle giostre e dei palloncini. Dei parcheggiatori abusivi.
Fu quel giorno. Quel giorno che sentii il peso dell'umanità gravarmi addosso come una cicciona che mi monta dopo una settmana di lavoro.
Mi sentii pesante.
Tornai a casa e feci la mia prima rivoluzione.
Buttai tutti i disegni dei cartoni animati che per 1 anno calcai a mano con la carta copiativa. I miei capolavori.
E per la prima volta, mi legai una pezza in fronte andai in cucina. Fissai mia madre negli occhi bestemmiai Dio per la prima volta..
Che all'epoca non sapevo ancora cos'era.

Piesse: dedico questo post a sagami (http://www.sagami.splinder.com) mia musa ispiratrice della sera.

18.5.06

"Un pensiero poetico"

La vita l'è per davvero un libro.
Anch'essa comincia per un'introduzione.

Ci sono giorni che scorrono nelle tubbature della vita nonostante l'intasamento dei condotti.

Ci sono soli che splendono davanti agli occhi delle nostre facce nonostante le lenti polaroid.

Ci sono adorabili pucchiacche in treni alta frequentazione, nonostante i sedili vuoti che nella stessa carrozza massimizzano le distanze d'incomunicabilità.

Ci sono passeri che volano su cavi dell'alta tensione, nonostante le vrachette difettose.

Ci sono elezioni nonostante l'antidemocrazia pedante.

Mi maneo il pesce e annuso.
I muscoli del viso si contraggono approvando l'essenza nonostante il disgusto.

Azzecco il palmo su questo foglio di carta elettronico, nonostante il monitor, e te lo sbatto sotto al naso nonostante tu sia lì.
E tu leggi, nonostante non possa annusare.

Domattina mi sveglierò felice per non avere un cazzo da fare, e mentre mi affaccerò alla finestra respirando con gli occhi chiusi, profondamente, tenendomi lo scroto con la mano destra. L'altra mano porterà alla mia bocca succo d'arancia. Guarderò il mondo e sarò felice.

Almeno per quell'attimo.
Nonostante voi.

7.5.06

TazLoveMedia


Mi sono permesso d'incidere una seconda chicca.
E' la lettura di una poesia scritta da me (non ancora pubblicatada nessuna parte) e letta, stavolta davvero male. Per scaricare cliccate quì sotto:

La canzone che fa da background, stavolta, è una canzone di Matteo Salvatore dal titolo "Lu bene mio".

Matteo Salvatore era un cantante popolare pugliese. Un anarchico, artista superpazzo e fantastico. Di lui è stato pubblicato solo un libro con CD dal titolo "La luna aggira il mondo, e voi dormite". Potete leggere qualocosa quì:
http://www.allaboutjazz.com/italy/articles/arti1004_021_it.htm

Il libro+CD li potete trovare su:
http://www.stampalternativa.it


P.S. Anche stavolta, è consgliato l'ascolto in cuffia a volume medio alto. Le gradite jastemme nei commenti.

6.5.06

@Station


Stamattina alla stazione sono comparsi altoparlanti grigiochiaro che annunciano treni e ritardi. Lo fanno in continuazione senza lasciare tregua.
Li osservavo mentre soli come allodole se ne stavano appollaiati sopra la scritta bianca recitante: "MUSICOPOLI".
Li fissavo mentre vibravano i timpani dei pendolari e gli occhi del capostazione che attonito vedeva passeggeri abituali. Lui oramai, forse, non ha più un cazzo da dire a nessuno. Presto verrà sostituito da un'impianto automatico sancente l'uffiale rottura dell'ultimo legame di dialogo nelle stazioni del sud: attaccare bottone col capostazione, cacargli il cazzo sulle ferrovie, dirgli qualcosa di cattivo gusto su trenitalia, incolparlo del ritardo, farlo sentire amico di viaggio, complice del cambiamento della strada che comincia, lasciarlo maledire il lavoro e poi stare con lui. Lì, vacui, tra un binario e l'altro a guardare i raggi del sole d'aprile.

Nuove tecnologie elettroniche irrompono nel panorama desolato e deserto dominato da un sottopasso che dà in mezzo ad una campagna, ad una 60ina di metri dalla stazione. Lì una volta -dicono- dovevano arrivare gli scali commerciali. Una volta, quando Musicopoli era in espansione.

Oggi Musicopoli è in un'involuzione socio-sanitaria-culturale ed economica spaventosa e l'unica cosa che rimane a far compagnia alla desolazione mattutina colorata di verde speranza, è un capannone industriale semidistrutto dalle pareti sghembe che tagliano l'erba e i tralicci di cementarmato. Sul tetto ancora qualche lamiera di eternit e qualche gazza ladra. Una beccaccia...

Intorno alla stazione c'è un binario morto e poco più in là una casupola quadrata circondata di un giardino con decine di piantine curate e fiori. Tendine bianche pulitissime, stile "casa primo dopoguerra" teneramente si lasciano solleticare dal vento, svelando con discontinuità un'intimità inalienabile che si dissocia dal tempo e dallo spazio per dare vita ad una dimensione di complicità familiare, di coesione, di reciproco affetto. Di mutua assistenza.

A volte vado prima alla stazione, per assicurarmi che tutto sia uguale.
Ad accertarmi che quel porto dal quale il mio corpo parte per strade improvvisate rimanga, nello sprito, uguale a se stesso.
A verificare che gli occhi del capostazione mi guardano con sospetto d'imminente suicidio.

Passeggio tra i binari, e ritorno.
Rimango in bilico sul rettilineo indefinito ricoperto d'ossido ferroso muovendo un piede davanti l'altro.
In equilibrio sopra i travertini di legno e sopra le pietruzze.
Sotto i cavi a 380volts.
Di fianco alla casetta Egidio innaffia i fiori mentre Franco è sull'uscio in boxer bianchi. Si tocca il pesce e fa un fischio da capraro a Egidio che lascia la pompa per farne una più gradevole.

Faccio per cadere ma resto lì.
Otto centimetri sopra il mondo è tutto più poetico.

4.5.06

SburroMedia


Ho elaborato una lettura (pessimissima) di "Sburro", un pezzo pubblicato quì qualche tempo fa, missato con la "Canzone del Parco" dei "Baustelle", gruppo toscano di altissimo livello, ma messo all'angolo come tutta la buona musica italiana di adesso.

Per scaricarlo cliccate quì sotto:
Sono ovviamente gradite jastemme e mmale parole a commento della cosa.

P.S. Se ne consiglia l'ascolto in cuffia.