17.10.05

Sogno marino


E ho nuotato fino alla fine. Fradicio nei vestiti e nella mente ho consegnato la pergamena.
Arruolato in tronco. Marinaio in servizio di una sgangherata nave da crociera avventuriera.
Nessuna destinazione. La missione unica: sopravvivere.
La nave è una saldatura ripetuta all'infinito di lamine di acciaio legate da chiodi e tra le quali scorre muffa e melma.
Il mare la scataballa di quà e di là.
Sulla nave comandanti strani vogliono ordinarmi anche un "respiro ordinato" e strane donne si aggirano per i compartimenti a tenuta stagna.
D'improvviso, il mare si spacca. Come se una lama divina avesse segato l'oceano a metà.
Il mare di fronte si abbassa. Quello dove siamo si innalza. Tra i due una ferita larghissima che invece di sputar sangue piomba nel vuoto.
A tutto motore la nave. Saltiamo. Chiudiamo le porte a tenuta stagna.
Saltiamo e atterriamo nell'altro mare.
La nave affonda.
Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei secondi. Riemergiamo.
Acqua dentro. La barca pende da un lato pieno di liquido salatao. Nessuno è terrorizzato.
Io mi guardo nello specchio di metallo lucido.
Calma imperturbabile. Già sapevo doveva succedere.

Altra ferita. Altro sardo. Riaffonda. Mi appare una femmina di una bontà divina.
Si solleva la gonna e si siede a cavalcioni sulle mie ginocchia guardandomi la faccia.
Mi scopa così. Col mare in burrasca, la nave mezza abbattuta, i comandanti di là a fare i coglioni.

Altro fendente.
E' un salto eterno. Un sogno stucchevole.
Sbattutato da un mare all'altro. L'altro uguale al primo.
Stessa tempesta. Stessa nave. Stesso equipaggio. Stesso orgasmo.
Stessa vita del cazzo.
Mi chiedo quando approdo.
Forze mai. Forze son già a terra.
Ma non sono solo.
Siamo tutti nella stessa barca.