7.8.08


Faccio il postino e mi sveglio alle 6:13 minuti. Non ho mai capito da cosa nasce l'esigenza di mettere minuti insignificanti all'ora del risveglio. Generalmente dispari. Generalmente lontani dall'arrotondamento ai multipli di 5. Se un numero primo è meglio.
Mera, ingiustificata follia.

Mi reco in posta e deliro, insieme ad un manipolo di scalmanati tutti rigorosamente meridionali. L'Italia del nord vive sui cittadini del Sud. Ma non lo sa e, a torto, li detesta,

Il giro è sempre il solito e la gente sgorbutica, ma Giuseppe.
Giuseppe Golini mi aspetta tutte le mattine.
Tra le 10:30 e le 11:20 lui mi aspetta affacciato al balcone e finge di accudire i gerani arancioni, in fiore in questi giorni di agosto.

Giuseppe appena mi vede si sbraccia e scende ai piedi della scala D di Via Tito Speri numero 2.
Ha gli occhiali a lenti progressive, la stessa camicia a mezze maniche bianco ghiaccio annodata sotto l'ombelico che lo fa bullo degli anni 50. I pantaloncini sono beige e le pantofole marroni stanno annodate a doppio nastro incrociato sopra al piede.

Ogni volta che scende ridiamo per 5 minuti. Quando ho tempo 7. Mi toglie la posta dalle mani e la mette nel casellario sotto la mia inutile supervisione.

Giuseppe aspetta ogni giorno che io arrivi. Sono il suo unico amico e la moglie lo guarda intenerito dal balcone. Le donne stanno sempre sulle loro.

Ma Giuseppe scende. E ridiamo. Ed io lo sfotto.
Gli dico che la sera la deve smettere di andare a fare gli spoglierelli ed anadare a femmine e tirarsi la troca. Lui ride. E pure io.

Quand'è il momento che me ne vado mi stringe la mano come se la stringono due amici adolescenti e risale. Ed aspetta il giorno dopo.

Io sono felice di fare il postino quando so che Giuseppe mi aspetta.