24.5.07

le favole

Le favole mi facevano sempre stomacare da piccolo.
Tutto quel buonismo, tutto quell'accanimento contro Pinocchio: io a differenza di Collodi sarei stato garantista. Lo ero già allora.
E poi le fatine: io me le volevo chiavare tutte: le bacchette, i vestiti magici...
Trilly ad esempio, secondo me, doveva essere una grande chiavata.

E il mito del principe azzurro mi istigava un senso di frustrazione.
A guardarmi, di animalesco, non avevo un cavallo ma solo una proboscide tra le cosce.
Era imbarazzante per una bimba abituata già al sogno borghese.

Il principe diventò poi l'uomo coi soldi, il cavallo una macchina duemilabbenzina.
Ma la proboscide rimase una proboscide cazzo.
Ed io, una favola proletaria.