3.7.05

tre luglio zerocinque: vivere con lentezza

Mi son preparato da figo: jeans a vita bassa, camicia schiattatamente stretta ma che mi rende troppo ormonale.
La mia donna è splendida.

Andiamo nello stesso posto dove Garibaldi e Vittorio Emanuele II appararono l'Italia: Teano.

Parcheggio e poi... silenzio.
Stradine in pietra lavica e sorrise.
Donne con almeno una 3^ abbondante.
Il primo stand è un tendone che per € 3 offre "fagioli, bruschetta e 1 bicchiere di vino". Io ed Elena versiamo i nostri € 3 e condividiamo la pietanza.
La piazza è gremita. Il vento fresco.
Sembra un giorno di settembre.
Le persone sono serene, rilassate.

Il vino... si beve il vino.
Non la coca-cola, la fanta, la red-bull e stronzate del genere.
Si beve il vino.
Il vino non ha un sapore globalizzato.
Ogni bicchiere ha un sapore diverso perchè si trova in un posto particolare della bottiglia.
Ogni bottiglia è diversa perchè era in un posto della botte.
Ogni botte è una pigna diversa, un lavoro diverso.
Mani diverse l'hanno staccata dal ramo, gocce di pioggia diversa l'hanno toccata...

Musici per le strade, donne in costume medievale: si ricercano le tradizioni.
Uno zampognaro è seduto in un angolo, in penombra, una lucerna a gas gli illumina il viso perso su un display di un telefonino: il vecchio e il nuovo che si conciliano in una contrada... in un costume.

Più in là tre uomini vestiti di pulcinella, un pò stanchi: mandolino, chitarra e voce. La maschera spostata sopra la fronte intonano una melanconica:
"Luuuuuna Rossa me parla e' te'!"
Ed è magnifico.

Le loro parole e il suono delle corde si fonde nelle mani di un lavoratore di creta che cra un vaso: lo accarezza, lo modella, lo plasma, lo tocca... vedo nelle sue mani le mie e nella creta il corpo di una donna che si lascia plasmare, che freme, che vive e rivive sotto il tatto dei polpastrelli: la creta è magnifica.

Un ferro da stiro, un liutaio, una zampogna, altro vino. Trippa, prosciutto fresco, logna, formaggio di capra, canti popolari. Voci che stridono, done che passeggiano. Uomini innamorati, io perso.

Io ed Elena beviamo vino.
Saggiamo ancora una bruschetta alle melenzane arrostite.
Siamo persi nell'idillio del gusto di una cucina lenta.
Delle ore che passano lente.
Della musica delle nostre terre
Il vino delle mie lande, le donne dei miei paesi.
Gli uomini vestiti male.
Le macchine e i telefonini che invadono uno spazio che non gli appartiene.

Nessuno parla al telefono.
Questa è vita che va vissuta.
Un vecchietto mi ferma:

- E' na vita ca campu ccà! A' ggente se fà e' case belle e se ne va d'ò centro! Je stongo ccà! Dà na vita. Nunn'aggiu mai pigliatu nu raffreddore. Je n'ummammalo maje. Nuje simme uommini. VERACI!

Stringe la mano in un pugno. Irrigidisce il braccio come a voler rimandare alla figura di un cazzo turgido e grosso.

In queste notti di strada non c'è spazio per la complessità contemporanea: si è maschi e femmine. Uomini e donne.
Si è vivi, parte del mondo.

Si rivive il dialogo perso con se stessi e le proprie radici nei frammenti di un mondo che non c'è più.
Ti senti addosso la virilità di un mondo che si abbacchia.
La sincerità di parole la cui veridicità si è persa.

C'è bisogno di essere vivi.
Di sentirsi maschi.
Vino, prodotti della terra.
Formaggio di latte di mammella di capra e di vacca.
Cosce di porco girate a prosciutto e grasso di scrofa girato a trippa.
Pomodori e melenzani.

Braccia che ammazzano porci e strappano prodotti dalla terra.
Che irrigano frutta e uve.
Piedi di femmine che calpestano uve, uomini che stringono torchi.

La vita si ribalta.
Il telefonino ingrossa le dita... non il cazzo.
In questo spazio-tempo di vita ci sono solo adulti e vecchi.
Di giovani nemmeno l'ombra. Neanche uno.
Giuro su Dio... manco uno...

Torno a casa e accompagno la mia dama sotto casa.

Un sedicenne si schianta con lo scooter in faccia a un palo della pubblica illuminazione: residuo bellico piazzato male come ricordo dell'ultima amministrazione.

Un'altro morto per la finta libertà adolescenziale.
Un'altra ambulanza.
Un'altra notte in pronto soccorso.
Un'altro medico devastato.
Un'altra mamma morta di crepacuore.
Un'altro simbolo di libertà distrutto.

Frangenti di vita pura.
Frangenti di morte.
La vita che ci avvolge.

Domani un altro giorno nascerà...

7 commenti:

Anonimo ha detto...

mi bello!ho assaporato qualcosa come...il favoloso mondo di amelie...come quando passeggia, e nell'indifferenza di tutti, in un mercato incasinato francese, infila la mano in un sacco di cereali, credo, e ne sente la consistenza, la percezione tattile, la senti, mentre ti strafoghi di pop corn fatti in casa(tanto per non comprarli, che tanto quelli comprati fanno sempre più schifo-sarà il viaggio dai guadalumpur via saigon-francoforte)....appunto, mentre ti strafoghi, ti fermi, come si sono fermati tutti, che non ti senti neanche originale, ti senti proprio un coglione, perche ti serve che qualcuno ti giri un film, che ti organizzi la sagra del vino "campanulo" per sentire che si può vivere di terra, e allora ci si sente più maschi, più femmine, senza complicarci la vita sul significato dell'essere Uomini(che tanto le donne non te la danno sta soddisfazione) e Donne (che tanto gli uomini non lo danno questo rispetto)....vabbè
caro taz, curiosità, ma almeno dopo lei che fremeve, e tu che plasmavi un mondo nuovo, dopo tutto sto vino, l'hai solo accompagnata a casa a elena( azz e non dire che è la donna solo di stasera, le potrebbero girare...)
chira

Anonimo ha detto...

In bocca al lupo guagliò!!

Diavoletto_Taz ha detto...

Le mia era una descrizione.
E' probabile che io mi senta sempre così.
E' probabile di no.
E' probabile che le cose che scrivo siano vere.
E' probabile che siano false.
E' probabile che poi prima di rientrare abbia fatto altro.

Io scrivo.
Voi ci trovate dentro quello che volete...
kisses

Anonimo ha detto...

mi taz, e non te la tirare che scherzavo, che non mi interesa chwe fai con elena, che non mi ha interessato mai, che invece di te mi interessa, che è bello un blog senza senso, che quando scrivi mi è sempre piaciuto. che mentre tutti scrivono in 160 caratteri, noi cene freghiamo della sintesi obbligata, e rallentiamo, che ce lo dobbiamo prendere il nostro spazio, che la vita va vissuta, tutta tutta...finchè ce la facciamo.che quello che hai scritto ieri è bello.e la mia è un'idea più larga di bellezza, che non si ferma al fossile mirigliani.

buona giornata taz
chira

Diavoletto_Taz ha detto...

Contaminami della tua bellezza...

Anonimo ha detto...

taz, taz...
chira

Anonimo ha detto...

ma la vuoi smettere di farti le canne??