22.12.08

Auguri di Natale

A natale si fanno gli auguri.

Qualcuno ti abbraccia con la faccia di un padre anche se manco si ricorda il tuo nome.
Qualcuno, esibendo machismo, non ti dà il bacio sulla guancia commentando
- Ja, c'amma fa cu sti bbaci.
Molti si comprano i panni nuovi.
Mia mamma và dal parrucchiere un mese prima per non trovare la fila, se li fa rasare per stare sistemata la sera della cena di Natale.
Qualuno a Natale compra i regali. Qualcuno almeno uno.
In questi giorni di Natale, a Milano, sono sceso a Lambrate.
Lambrate è un po' come Piazza Garibaldi a Napoli. Un po'.
Di fronte a Lambrate ha aperto da qualche mese una rosticceria.
Il primo giorno, la notai.
Il secondo giorno vidi che avevano le pizze farcite a pochissimi soldi. Un sacco di poveracci in fila.
Il terzo giorno c'era la focaccia genovese a 80 centesimi. Due focacce genovesi a 1 euro.
Dal terzo giorno, in qualunque ora passavi fuori alla rosticceria di fronte alla stazione di Lambrate c'era gente con 2 focacce genovesi ferme a mangiarle in ogni dove. L'olio che scorreva, le bave, le mani inzwvate, i biglietti pure. L'olio sui mocassini. Nelle sciarpe.

I giorni poi dentro nella rosticceria comprai 2 focacce genovesi.
I giorni poi incontrai due genovesi senza focacce.
I giorni poi la rosticceria vidi ch'era fatta di un bancone di vetro con le pizze ammassate. Carcasse di carboidrati inzuppate di cose stavano lì a sperciarsi aromi e sapori a vicenda.

Altri giorni poi i celiaci non potevano sostare in piazza.
E poi dietro al bancone c'erano solo donne del sudamerica.
E giorno ancora poi una di queste aveva sviluppato sulle guance un'allergia e scaraventava incazzosa carboidrati dentro una teca vetrosa e traslucida con la scritta "DUE FOCACCE GENOVESI UN EURO".

Il giorno poi vidi che il forno era un forno verticale a 3 piani e il pizzaiolo era un vecchio che non arrivava più a fine mese.
Il vecchio di lambrate aveva un cappellino bianco tipo muratore, una maglietta e le braccia che tremavano quando aveva in mano le teglie. Si muoveva in uno spazio di pochi metri quadrati, massimo 3, e si rigirava a fare in fretta a infornare carboidrati pastosi da cuocere.
Prima d'infornare tirava da sotto al tavolo una pennellessa da imbianchini. Marcata "Cinghiale". Grondande olio.
La pennellessa veniva spinta nell'aria e l'olio si staccava urlando
- ungoooo
e spiaccicandosi sopra i carboidrati conditi-non-cotti-ancora moriva soffocato.

Il giorno dopo il vecchio lavorava ancora lì. Non so per quante ore al giorno.
Non so quante pizze vidi fare in qualche ora. Era una fabbrica.

I giorni dopo i metalmeccanici delle focacce genovesi a un euro in tempi di crisi avevano la faccia trasparente e le mani color stanchezza.
Respiravano olio rarefatto e bevevano carboidrati liquidi.
Toccavano soldi e cibo e olio e acque minerali e birre in offerta.

I giorni dopo comparve la scritta "sempre aperti. Anche tutta la domenica".
Anche la domenica il vecchio col pennello era sempre lui.
E le macchie sulla faccia della ragazzina ecuadoriana erano peggiorate.
Il carattere dei metalmeccanici era più irascibile.
Il padrone nessuno l'aveva mai visto.

I giorni poi il vecchio morì mentre la moglie stava a casa.
Le altre sudamericane non si commossero, ci avevano mica mai parlato.
I precari continuarono a pranzare con doppie focacce genovesi.
Soli albeggiarono e tramontarono.
Tram continuarono a sferragliare sopra i binari incastrati nel catrame.
La pioggia continuò a cadere. La nebbia a coprire lo scuorno.
L'ecuadoriana fu licenziata per la faccia impresentabile dietro un bancone alimentare.
Il padrone andò in vacanza a Sciarmecheic con un paio di puttane, moglie a parte.

Babbo Natale qualche Natale dopo ebbe pena.
E non portò le focacce genovesi a nessuno.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

buon natale ,Taz .

Anonimo ha detto...

NATALE di RICAMBIO

A Natale c'e' chi fa gli auguri e chi li ricambia !
C'e' chi i regali li fa e chi li riceve. E manco li ricambia.
E a Babbo Natale, per dargli un po' di soddisfazione,
quest'anno vorrei scrivere anche io una letterina …..del tipo

“caro Babbo Natale, quest'anno, quando deciderai di venire da me,
portati un sacco grande. No, grandissimo, ma vuoto.

Portami via i miei vicini di muro che litigano che si stanno per ammazzare e aspettano
il secondo figlio !
E il cagnolino da centoventigrammi che mi cammina sulla testa con quelle unghiette isteriche e mi sveglia alle due di notte.

Portami via gli inutili pensierini di Natale che mi riempiono il fondo dei cassetti e che Domenica
prossima li vendo a un euro al kilo a Porta Portese.

Portami via le collanine che mi regala la mia ex-pseudo-suocera che non ha mai capito i miei gusti.
E anche il cuscino-gatto che mi ha regalato mio fratello, che invece di solito li indovina sempre.

Portami via quel senso di nausea che mi sale quando giro per la città prenatalizia
grondante di folla e quella stretta allo stomaco nel vederla deserta I giorni di festa, decimata
dai pranzi interminabili, le tombole e i settemmezzo !

E nel posto che ti avanza...portami via quelli al parlamento che ci raccomandano lo spumante e si bevono lo champagne!

S.aria